1. La vettura muove tra colline che attendono il volgere di una torrida estate. Al suo interno giovani uomini discutono: alla ricerca di un qualche posto nella complessità del cosmo, assoluzione e condanna.
Ecco, il Campo delle Pieve e lo scheletro di una domus gentilizia; «perché questo mondo che ci pare una cosa fatta di pietra, vegetazione e sangue non è affatto una cosa ma è semplicemente una storia» (1). Accanto al carapace che custodisce inafferrabili splendori affiorano le vestigia della modernità: al centro un inconsistente tempio di acciaio.
2. Jacopo Incani, assieme a due officianti, percorre le scale che conducono al presbiterio. I tre sono innanzi a banchi metallici: senza preavviso incomincia ad infuriare un misterico suono contro il morire della luce (2):
«Nous all el same mon name
Nous all le same mes ashes
One bouche por all these faces
Nous all el same mon name» (3).
Cavallette ovunque, piaga di Egitto.
«Ayna? Ayna?» (4).
3. Le oscillazioni percuotono il sopraggiungere del buio; eppoi, la voce che fuoriesce, al di là delle apparenti possibilità del reale, dal demiurgo sonico.
Ashes, Foule, Soldiers, Hajar; Carne, Tanca..
Nessuna interazione con la massa che freme ai piedi del presbiterio.
Il tempo scorre.
Armonie illuministicamente non afferrabili.
Le oscillazioni vincono le resistenze della ragione, le mura che cingono la moltitudine dei propri io vengono sbriciolate, «il mondo è forza d’immaginazione, immaginazione-forza» (5): migrare, vociare, urlare, piangere, sopravvivere, volere, aggrapparsi, aggrapparsi, aggrapparsi.
4. Nell’apocalisse elettronica un uomo disgustosamente bianco e nudo brancola nel buio. Chi sono?
«Se a un ambizioso venisse in mente di sconvolgere di colpo l’intero mondo del pensiero umano, dell’opinione umana e del sentimento umano, gli si offre l’occasione. La via che guida alla fama immortale s’apre diritta e sgombra d’ostacoli davanti a lui. Gli basterà infatti scrivere e pubblicare un piccolissimo libro. Il titolo sarà semplice – poche parole ben chiare – "Il mio cuore messo a nudo" [My Heart Laid Bare]. Ma questo piccolo libro dovrà mantenere le promesse del titolo [...] scriverlo, ecco la difficoltà. Nessun uomo 'potrebbe' scriverlo, anche se osasse tentarlo. La carta si raggriccerebbe e si consumerebbe al pur minimo contatto della sua penna infocata» (6).
5. Jacopo Incani, assieme ai due officianti, abbandona il tempio. Le macchine continuano a produrre allucinanti oscillazioni. Poi, il silenzio, il buio. È tutto finito.
La vettura muove tra colline che attendono il volgere di una torrida estate. Al suo interno giovani uomini discutono: alla ricerca di un qualche posto nella complessità del cosmo, assoluzione e condanna.
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