Oggi è uscito un album importante per il panorama musicale italiano e internazionale. Due ore di musica in un flusso ininterrotto di crescendo emozionali, ritmi serrati e dolci nenie. Le influenze individuabili in IRA trascendono i generi musicali, o almeno le caratteristiche occidentali di quelli che consideriamo generi musicali. È principalmente uno sguardo alla musica altra, un omaggio alla cultura della musica nella sua accezione spirituale, ritualistica e ancestrale. DIE, il suo album precedente, è ancora legato a strutture propriamente pop e cantautorali, eppure già allora l’ambizione di creare un microcosmo musicale che fosse frutto di contaminazioni e legami primitivi con la terra e la tradizione, lo rendevano un oggetto non comune e profondamente poetico. Incani riesce in qualche modo a superare le ambizioni di DIE immergendosi in una materia musicale sfuggente e difficile da maneggiare.
IRA di Iosonouncane è tante cose. È musica, ed è anche un racconto di immagini evocate, è espressione di un'inquietudine condivisa. Musica come strumento di una cultura globale non globalizzata, figlia dei conflitti e figlia della pace. Un carattere universale, non etichettabile, percorre l'anima nera come la pece di IRA. Jacopo Incani ha creato un monumento musicale irripetibile, un requiem per l'essere umano che ha perso ogni punto di riferimento. È un album immerso nel presente, capace di raccontare il futuro e il passato senza retorica, attraverso profezie sussurrate in una lingua impossibile. I testi dell'album sono scritti in una lingua inventata, una collisione di lingue europee e termini arabi che ha richiesto la strutturazione di una pronuncia da studiare e condividere con le altre 7 voci. È musica di puro sentimento, nudo come l'uomo in copertina. Un mostrarsi audace, un'accettazione dolorosa delle imperfezioni e delle dannazioni che ci fanno disperare ma che riempiono di senso la nostra esistenza.
Secondo le sue parole: “IRA è un disco corale di un uomo che rinuncia in parte alla propria voce per abbracciare quella di una moltitudine che attraversa terre e mari.”
E poi: “È un disco certamente politico. Lo è per la sua durata, per il suo suono e per il suo linguaggio. Lo è perché complesso, perché stratificato e perché si pone nettamente di traverso rispetto al mondo che stiamo vivendo, tanto il nostro piccolo mondo musicale quanto il grande mondo dei capitali e delle frontiere. È altrettanto innegabilmente un disco drammatico, poiché calato nel divenire di un preciso istante, senza alcuna speranza.”
IRA quindi è anche accettazione della complessità come resistenza alla passività, continua ricerca di strumenti di decodificazione per comprendere la fenomenologia delle nostre azioni e del comportamento degli altri. È il viaggio di un uomo che osserva il mondo con stupore, ira e tristezza. In questi anni in cui la virtualità è diventata protagonista della nostra esistenza, Incani ci ricorda di restare con i piedi per terra, di empatizzare e comprendere la realtà drammatica che stiamo vivendo accogliendo la trasversalità e le differenze che accomunano ogni uomo. È un ascolto impegnativo, innegabilmente un’esperienza musicale poco comune che lascerà il segno in questo 2021.
Carico i commenti... con calma