Animati da una invidiabile vena creativa musicale nonostante i 25 anni di attività, Peter Nicholls & soci riescono a vincere con l'eleganza e la delicatezza delle loro composizioni gli insulti del tempo e sicuramente si impongono nel panorama prog-rock come una perla più unica che rara che partorisce emozioni senza ricorrere al puro e a volte tanto ostentato tecnicismo - soprattutto in ambito progressive - mantenendo sempre la solita voglia di raccontare storie e di creare atmosfere particolari. Non sfugge a queste regole nemmeno "Dark Matter", sicuramente un disco di ottima fattura e capace di dipingere con decisione linee melodiche degne della miglior tradizione prog inglese anni '70.
Difficile rendere a parole la poesia dietro quella maestosa overture che Orford - in gran spolvero per l'occasione - ci regala tessendo un stupendo tappeto di archi prima che il suo organo ci introduca alla voce semplicemente soave di Peter Nicholls nel brano di apertura del disco. L'opening track ("Sacred Sound") - chiaramente tutta in tempi dispari - è sicuramente uno dei momenti più riusciti dell'intero pacchetto e offre numerosi spunti lirici oltre a dimostrarci - qualora ce ne fosse ancora bisogno - che i nostri in quanto a melodia e bravura non temono il confronto con altri mostri sacri del passato e riescono, secondo me, anche a non sfigurare per nulla in quanto a finezza compositiva di fronte ai Dream Theater. La prestazione canora di Nicholls poi a più riprese è capace di ricordarci James Labrie, Neal Morse e/o Roger Waters, facendo venire i brividi soprattutto nelle canzoni che occupano la sezione centrale dell'opera, che però forse risulta anche essere la meno brillante.
La prima della serie è "Red Dust Shadow" in cui l'arpeggio acustico di Holmes accompagna il primo verso della canzone quasi sussurrato, che sembra tenerci quasi guidarci in una sorte di soffice atmosfera sognante e tale sensazione diventa ancora più evidente quando, nella parte finale del pezzo, un mellotron dei piu' antichi avvolge in maniera suadente un stupendo fraseggio di basso.
"You never will", introdotto dal ticchettio di un orologio insidioso e da un' altro accattivante giro di basso, è invece il momento più immediato dell'intero "Dark Matter", ma non per questo il meno bello poiché anche qui possiamo goderci tutta la classe degli IQ grazie a un ritornello che rimane impresso a fuoco nella memoria e soprattutto a una sezione ritmica molto ben curata, inesorabile per la sua puntualità - senza parlare dell'incisivo assolo di organo di Orford - .
Uno dei testi più interessanti, secondo me, è quello di "Born Brilliant": un Nicholls corrosivo e cinico che denuncia l'ipocrisia e l'egoismo imperante e dilagante del mondo d'oggi - congeniale l'uso del megafono, direi. Parole dirette e spietate, ironicamente caustiche, accompagnate da un basso martellante e una chitarra insolitamente rock che contribuiscono a rendere fascinoso un pezzo che forse è uno dei meno immediati.
Altro momento indimenticabile dell'opera e che, senza ombra di dubbio, ne vale l'acquisto è la suite finale "Harvest Of Souls", che si articola in sei "movimenti" per più di 24 minuti di grande musica che invero rappresentano la summa dell'IQ-sound.
In termini di melodia si alternano passaggi dolci e passaggi duri in cui tutto il gruppo è perfettamente amalgamato, tutto finalizzato a trasmettere un messaggio chiaro: un grande no alla guerra che accompagna una speranza positiva per il futuro. Un brano insomma di incredibile intensità che rievoca i violenti fatti dell'11 settembre che vive di squarci rock improvvisi ("The Wrong Host") e cavalcate sonore (come nel finale di "Nocturne") e arpeggi di pianoforte ("Frame and Form") e ancora marcette inquietanti ("Mortal Procession") che ora scuotono ora cullano l'ascoltatore, emozionandolo sempre ("And when the eyes of children/See past the ones left standing/And the time has surely come/To understand who we are/Slowly the fires are burning/Bearing their silent witness/And the living past returns/To reap the Harvest of Souls").
Unico appunto negativo va mosso, secondo me, all'artwok di copertina che trovo quantomeno poco azzeccato. Non mi esalta, anzi lo trovo di poco spessore. E con questo direi che è tutto, gente!
See ya!
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