Metti una sera a cena a casa Calexico. Erano circa tre anni che girava nell'aria la notizia di una possibile collaborazione tra la band di Tucson e il barbuto Sam Beam, e la conferma ha preso vita in settembre sotto forma di un Ep di sette composizioni fatte di delicate armonie folk-country accompagnate dalla voce sussurrata di Beam.

C'è poco spazio per le sperimentazioni in questo album; la vena tex-mex di Burns e Convertino in questo caso lascia il posto a composizioni più "tradizionali", piegandosi agli standard acustici e intimisti dove tinte acquarello come quelle in copertina colorano le storie di vita scritte dal cantautore di Miami. Delicati accenni di piano sopra un intreccio di chitarre aprono l'iniziale "He Lays In The Reins", ampia ballata che odora di Hot Rail, impreziosita dall'intervento del cantante di flamenco Salvador Duran. "There's a Prison on Route 41, Home to my father, first cousin, and son, And I visit every weekend Not with my body but with prayers that I send". Fra i ritmi folk-country la steel guitar, marchio di fabbrica dei Calexico, accompagna le storie on the road mormorate da Beam, risaltando là dove c'è spazio o mettendosi a servizio della melodia nella maggior parte dei casi. È nell'incalzante "History Of Lovers" che si respira maggiormente aria di Arizona; sale il ritmo arricchito dalle percussioni e una festa di fiati contribuisce a rendere ancora più arioso l'incedere della composizione, o in Red Dust, sghemba ballad dal sapore blues, dove la voce lascia per un momento spazio a uno spaghetti-western a base di violini, armonica e organo. "Burn That Broken Bed" spicca invece per le armonizzazioni vocali; sul lento incedere con i fiati lontani a fare da cornice, Beam e Burns creano un delizioso amalgama sonoro che è una culla per le orecchie.

C'è spazio anche per una voce femminile, quella di Natalie Wyants, che in "16 Maybe Less" procede seguita dal singer in una escursione notturna al chiaro di luna creato della chitarra di Joey Burns. L'apporto vocale di quest'ultimo è minimo, ma pur limitandosi ad accompagnare armonizzando il cantato le sue sovrapposizioni non fanno che arricchire la delicatezza di questi valzer country, su tutte la finale "Dead's Man Wil", splendido commiato a due voci su una lenta passeggiata che giunge alla fine di questa escursione oltre frontiera. Scorrono in fretta i trenta minuti del disco e la sensazione finale è quella di aver goduto dei frutti di un interessante incontro di idee; bacche agrodolci che lasciano in bocca un piacevole retrogusto malinconico.

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