Essendo questa la mia prima rece, vi chiedo di fare critiche costruttive (ma se non volete non posso mica obbligarvi, no?) e di essere comprensivi nei miei confronti.
Prima di parlarvi del contenuto del cd (che appena ho scoperto mi sono affrettato a recensire), penso sia opportuno un breve contesto storico.
Ci troviamo a Birmingham, nel 1988, poco più che sei mesi dopo l'uscita del concept album "Seventh Son Of A Seventh Son" e nel bel mezzo dello svolgimento del "Seventh Tour of a Seventh Tour". I nostri Maiden, quando il world tour giunge - appunto - a Birmingham (concerto svoltosi il 27 novembre 1988 e ripetutosi il 28 dello stesso mese, ossia il giorno dopo) registrano l'esibizione e la commercializzano, inizialmente, nel 1989, come VHS. Poi, nel 1994 e in edizione limitata, arriva in commercio il cd "Maiden England".
Ad "aprire le danze" è la splendida Moonchild, che con la sua crescente (all'interno del brano) grinta ci porta da subito nel vivo della manifestazione. Alla fine di questa, senza lasciarci il tempo di pensare o di esultare, Nicko attacca coi classici "tre colpi di bacchetta" per dare il tempo del - a mio parere - capolavoro presente nell'album "Seventh Son Of A Seventh Son": "The Evil That Men Do". Dopo queste, seguiranno "Prisoner", "Still Life" (che ci dà come uno "stacco" dall'aggressività a cui ci sottopongono le Vergini di ferro, ma solo per pochi minuti), una superba "Die With Your Boots On". Si ode poi il dolce e soave intro di "Infinite Dreams", seguita da "Killers" e una "Heaven Can Wait" come non l'avevo mai sentita. È poi il turno della poco eseguita in pubblico "Wasted Years" (quando l'ho udita mi è venuto un colpo. La mia incompetenza sul campo Maideniano mi aveva sempre indotto a credere che questa opera d'arte non fosse mai stata eseguita live).
A ruota libera, segue "The Clairvoyant", fino a giungere all'attesa "Seventh Son Of A Seventh Son". L'immancabile "The Number Of The Beast" ci dice che siamo quasi alla fine del concerto, e che l'abbiamo assaporato fino in fondo (non si tratta del solito album live di 2 cd a cui siamo abituati). A concludere l'esibizione, a questo punto, non può che essere la classica "Iron Maiden", che termina con i ringraziamenti, un "good night" da parte di Dickinson tutto con un sottofondo che non è altro che l'accordo finale prolungato della canzone che porta il loro nome.
Cosa posso dire su questo cd? È assolutamente da avere!
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