I biografi e i moderni hanno più volte affibbiato la nomea di "artista maledetto" a una valanga di personalità più o meno "disturbate": schizofrenici, complessati, asociali, critici del proprio periodo, detrattori della loro epoca culturale, pazzi, squilibrati, sadici, masochisti e quant'altro. Al cospetto di tali individui la bieca storiografia ha pressoché distorto l'essenza dei lavori e delle opere, mischiando inevitabilmente l'esegesi di quest'ultime con le relative vicende personali e, in particolar modo, creando vincoli inscindibili tra le presunte insanità mentali e lo stile utilizzato. Ed è così che si analizza facilmente il quadro del pittore beone, la tecnica dell'artista violento avanzo di gattabuia, il lavorio dell'affetto da catalessi e/o epilessia, i colori del narcolettico: basta una veloce diagnosi pseudo scientifica a motivare l'artista e le sue scelte, non si percepisce la necessità di scavare nella più enigmatica componente morale e inconscia, dentro lo scrigno dei ricordi e delle passioni dalla cui scarsa razionalità ed empiricità si tende a fuggire.
Brama di Vivere è, al contrario, una biografia d'artista - seppur sotto forme di romanzo - che cerca, riuscendoci, di mettere in secondo piano la bieca prosaicità atta a descrivere la "maledizione" insita nel protagonista. Irving Stone, noto romanziere-biografo del secolo scorso, introduce la vita e le opere di Vincent Van Gogh, precursore dell'Espressionismo novecentesco e ponte di raccordo tra il realismo, l'impressionismo e le avanguardie moderne, partendo dall'apprendistato come addetto alla vendita di stampe artistiche alla Goupil di Londra, addentrandosi nel fallito tentativo di abbracciare la veste clericale e infine tratteggiando minuziosamente la maturità artistica attraverso le realtà rurali e urbane di Belgio, Olanda e Francia. Il Van Gogh di Stone è un individuo passionale, spiritualmente ricco, determinato nelle proprie volontà eppure così debole e indifeso di fronte ad una realtà ancora diffidente nei confronti dei cosiddetti "rivoluzionari della cultura". Nel bel mezzo dell'Europa industrializzata, ad un passo dallo squallore mortale delle miniere e dei minatori, Vincent rifiuta di adeguarsi ai canoni e all'ipocrisia dell'ideologia classica dominante, spianandosi dunque la strada dell'isolamento e dell'emarginazione sociale: gli amori giovanili languono, il lavoro è una panacea del tutto inadeguata. La scelta di addentrarsi nelle apparentemente confortevoli autostrade della religione, sposando la carità cristiana e mettendola al servizio dei reietti minatori dell'infernale Borinage, si rivela un disastro immane come pure l'ennesima dimostrazione di quanto l'ipocrisia dei "grandi" e dei "notabili" riesca a distruggere le ottime intenzioni e la buona volontà.
Dalle torbide acque del misticismo Van Gogh riaffiora nella ricca selva dell'arte, l'ultimo strumento in grado di gratificare e graziare un'anima dilaniata e umiliata. Vincent, sorretto moralmente ed economicamente dal suo mentore e salvatore, l'amato fratello Theo, produce schizzi, studi di oggetti e corpi che non riescono a fare breccia nei ruvidi e armoniosi gusti classicisti dei critici e degli artisti già affermati, i quali lo tacciano di semi incompetenza, lo dissuadono dal proseguire oltre, lo riducono allo stremo delle forze, lo umiliano. Dall'Olanda verde e incontaminata Vincent si trasferisce a Parigi e viene letteralmente ammaliato dalle "folies" impressioniste dei refusées. Cezanne, Gauguin, Seurat, Rousseau e Toulouse-Lautrec, ripudiati dai Salon accademici e confinati nella pittoresca Montmartre dei dissidenti, si trasformano in veri e propri maestri dello stile nuovo, dell'impressione e della luce vibrante, accaldati dai vapori dell'assenzio e confortati dalle belle Signore dell'approccio. Eppure l'Impressionismo e la distruzione del rigore e delle linee non è sufficiente a saziare il turbolento fiammingo, deciso a farsi ardere vivo dal malandrino sole provenzale di Arles e dalla "pazzia" che lo travolge quasi improvvisamente. Internato in manicomio a Saint Remy en Provence, Van Gogh termina i suoi giorni ad Auvers sur Oise con l'inevitabile annullamento del proprio essere di fronte all'adorato Theo.
Quella di Van Gogh è la storia di un rivoluzionario incompreso, di un reietto colpevole di esprimere su tela le proprie vibrazioni interiori disinteressandosi del rigore e della tradizione. La biografia tracciata da Stone è perfettamente in grado di catturare l'essenza spirituale e creativa di un personaggio così inquieto e infelice e non di uno squilibrato che casualmente ha rotto gli equilibri del passato: ferito dagli amori mancati, desideroso di trovare affetto e passione negli androni più marginali della società (prostitute, donne di strada, mendicanti, nullatenenti), convinto che la genuinità umana possa prescindere qualsiasi canone imposto da terzi, Vincent unisce nei propri lavori il realismo della terra, l'impressione della luce e l'espressione data dalle pulsazioni dell'ego in un tutt'uno di realtà e irrealtà, di materiale e immateriale, di grandezza e miseria, di vita e di morte.
Perfetta per approfondire la vita di uno degli artisti più inflazionati dagli stereotipi della storiografia, Brama di Vivere è un capolavoro del suo genere, nonché una straordinaria biografia romanzata in grado di scavare nella psiche di un grande uomo senza affrancarsi dal rigore delle fonti storiche.
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