Caldo.
Giallo.
Deserto.
Paura.
Perchè, questa torre? Cosa diamine ha di così affascinante questa costruzione alta, imponente, anonima, monolitica? Perchè è stata costruita? Da chi? Come, quando... Cosa ci fa in mezzo a queste lande desolate?
Magnetismo.
Perchè hai deciso di entrare lì dentro? Cosa speri di trovare? È un edificio qualunque. Strano, ma abietto nella sua normalità. Tu non vuoi, eppure sei costretto a volere. Ma come mai non vuoi? E per quale motivo dovresti essere costretto a volere? Non lo sai. Non lo so. E cammini, ancora. Dappertutto un silenzio innaturale, una caligine perforante, una nebbia arida che toglie il λογος, laddove ci fosse. Tu non sai, ma devi. Devi.
Eccola, finalmente. La torre. Eccola, in alto. L'antenna. E le vibrazioni che emette, quelle le senti...? Le senti. Come? Non lo sai, ma le percepisci, che ti passano da parte a parte, che ti infettano, che rilasciano un morbo invisibile, appestando il territorio circostante, giallo d'arsura. Non riesci a capire, ma sai che è lì che devi andare. Appena fuori dall'ingresso, lo vedi. È un cercapersone. Ma che...? Ancora una volta non sai. E, ancora una volta, un impulso ti spinge a prenderlo e ad inviare un SOS. Ma, un SOS... per entrare in una torre radio? Sì. Non sai, ma, sì.
Un fruscìo improvviso, una voluta di vento che sparge sudore tutto attorno. Ed è l'inizio della fine: una tempesta di sabbia, repentina, micidiale. Che ti circonda, che ti soffoca, che ti opprime. Hai delle fasce di ferro che ti stringono il viso, scudisciate rugginose che ti mozzano il fiato e ti strappano alla vita, una vorticosa girandola che ti solleva, ti sbatte contro il muro, ti riprende per farla finita. Poi, lo stop. Tutto sembra fermarsi, in un limbo esoterico. Potresti contare i granelli di sabbia, sospesi per aria, così piccoli e così letali. Ed intanto suoni lontani, echi lancinanti, e poi ancora, e ancora, vibrazioni, mentre stringi a te il cercapersone, senza saperne il motivo, e avanti ancora, e...
Primo piano.
Sei dentro. L'esterno non ti appartiene più.
Qui, all'interno, è tutto buio, silenzioso. C'è un odore di chiuso. Ma qualcosa cambia. L'atmosfera, si fa più greve, più pesante. Chi c'è, per Dio, chi c'è? Non sei da solo ma, una buona volta, chi c'è oltre a te? Non vedi, non senti, non parli. Cos'è tutta questa inquietudine, per una torre radio in mezzo ad un deserto? Ma riesci a sentire che qualcosa non va come dovrebbe. Che diamine ti sei messo in testa di entrare?
Qualcosa brilla, là in fondo! In fondo dove? Al corridoio, alla stanza? È troppo buio, non si sa. Ma il brillìo rimane, diventa sempre più forte, è accecante. Poi implode. Ridiventa tutto oscuro per un istante. Infine, l'esplosione.
Una fiammata ossidrica di potenza micidiale satura d'ossigeno l'ambiente, mentre la violenza della deflagrazione impatta con violenza contro la tua pelle, i tuoi nervi, il tuo cuore, che pulsa impazzito. Cos'è successo? Vieni scaraventato, impotente, contro le pietre e lì rimani, esangue. Tutto brucia, tutto è rosso, giallo, arancione, giallo, rosso, tutto è un folle caleidoscopio di colori, tutto è caldo ed infernale. Cos'è successo?
Riprendi coscienza. Tutto sembra all'apparenza cessato. Tutto sembra essersi ricomposto, chissà come, chissà per quale intervento. Sali le scale.
Secondo piano.
Oddio, questa stanza è illuminata a giorno! Cosa sono tutti quei cavi elettrici, che girano, si avvolgono, si contorcono fra di loro? Cos'è quel globo di luce pulsante che si muove sul pavimento? Cosa sono tutti questi computer che vanno in default?
Senza preavviso, il cataclisma.
Una scarica elettrica abbagliante, assurdamente rabbiosa, che parte dal soffitto per infrangersi sul pavimento, e sfrigola dal pavimento per andare a traforare le rigorose disposizioni del tetto, con un rumore apocalittico ed una risacca magmatica, industriale, invadendo tutta la stanza con il suo potere elettrolitico.
Che cosa ci fai lì?
Terrorizzato ancor prima di entrare, senza sapere il perchè. Ed ora, afferri il cercapersone e, supplichevole, spedisci via aere un altro, disperato messaggio. Chi pensi che lo riceva, chi vuoi che lo accolga? Nel frattempo, abbandoni quel luogo mostruoso e sali le scale.
Terzo piano.
Non fai in tempo a mettere piede nel lungo corridoio, che già un crescendo di scricchiolìi ed un lungo rombo, possente e terribilmente vicino, annunciano la loro comparsa. Guardi in alto e le vedi. Crepe.
Il tuono di prima ha avuto i suoi effetti: come nel peggiore dei film dell'orrore, la volta si sta squarciando in più punti e sta facendo cadere il suo rovinoso contenuto su di te. E poi la senti di nuovo, l'antenna, e la sua influenza malefica, come in un arrivo pantagruelico: sembra quasi stia facendo cadere i massi a comando...
Scappi.
La tua è una corsa disperata, una questione di vita o di morte, lungo un anfratto che non finisce mai, mentre dietro di te si sta scatendando l'inferno, un baccanale roccioso che si schianta con un fragore sinistro, in una marea sconosciuta e recondita. Sembra quasi che i tonfi dei calcinacci abbiano la pesantezza dei Neurosis, e per un attimo ti vengono in mente anche le contorsioni strumentali dei Tool, ma poi ti dici che stai impazzendo e aumenti la velocità. Danza perversa, elettronica ed asfissiante. Accecato dalla paura, riprendi in mano il cercapersone e, con il cuore in gola, invii l'ennesima richiesta d'aiuto. Vuoi uscire. Questa torre è maledetta, e allora perchè ci sei entrato?
Su, su per le scale. Sempre scale, ancora scale, ma quante sono...? Gli unici suoni, ora, sono il ticchettìo dei tuoi scarponi e il malato "tupa-tupa" delle extrasistole che, impazzite, si aprono, e poi si chiudono, e poi si aprono, e si chiudono, e...
Un piede in fallo, e precipiti giù, nel nulla.
Quarto piano.
La caduta ti ha fatto parecchio male ma, ipnotizzato da uno sconosciuto impulso, hai deciso di proseguire avanti, invece di tornare indietro e lanciarti a capofitto nel deserto, grondante di adrenalina, polvere e sangue. Vuoi arrivare all'antenna ma non sai perchè. Un'altra volta.
Blackout.
Le luci tremolanti nell'androne, all'unisono, interrompono la loro ombra azzurrognola. Ed è buio, buio recondito. Dovunque ti giri, ecco sussurri, oscillazioni, brusìi. Rimani fermo, lì, nella foschia dell'orrore, inginocchiato a terra, paralizzato dal timore di qualcosa che fa paura ma non sai cos'è. Eppure fa paura.
Non sai spiegarti come, ma hai angoscia che la soffusa psichedelia mentale alla quale ti stai abbandonando non sia altro che la quiete prima della tempesta. C'è qualcosa di malsano, di verminoso in questa torre, c'è qualcosa di alieno, di asettico, di brutale, di glaciale. C'è sempre stato. Ma, maledizione, cos'è?
Poi la vedi.
Una finestrella che guarda verso l'universo là fuori, trapunto di stelle e gonfio di salsedine. E sei a conoscenza che lì, un po' più in alto, c'è l'antenna. È forse un'antenna il motivo per il quale sei andato fino ad una torre radio immersa nelle sterpaglie, sfidando ogni sorta di pericolo e, più volte, anche la tua stessa vita? Forse.
Ma non hai più tempo per decidere.
Come nella conclusione più tragica della peggiore ετιμασια, la torre comincia a vibrare. All'inizio dolcemente, come una culla che ondeggia per proteggere ed acquietare il proprio fanciullesco contenuto, poi sempre più forte, sino a diventare un vero e proprio terremoto. La torre sta sprofondando nel proprio acquitrino metallico, si sta accartocciando in un florilegio di dissonanze e rumorismi vari, si sta inclinando paurosamente.
Comprendi in un attimo che la tua vita è finita qui, e si spegnerà per sempre sotto le macerie di un edificio maledetto.
Ma sai, inconsciamente, che i proclami della costruzione si estingueranno con te.
È quindi con un sorriso che, per l'ultima volta, estrai il cercapersone, e invii un messaggio a nessuno. Stavolta ci scrivi qualcosa: "End Transmission".
Con un boato assordante, che si perde nel vuoto siderale di un ambiente sconosciuto, l'austerità campanilistica del pinnacolo si disfa.
Ma almeno, prima di morire, sei riuscito a vedere un'ultima volta il cielo.
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