Sono già passati due anni da quel capolavoro che risponde al nome di 'panopticon' ??

Sembra ieri quando uscì e mi regalò quell'ora di musica celestiale e bellissima... Come sembra anche ieri quando uscì 'oceanic'...

Gli isis riescono nel difficile compito di non farti pesare i giorni e gli anni che ti distaccano da ogni loro nuovo lavoro in quanto se metti su uno dei loro cd scopri sempre qualcosa di nuovo... qualcosa che non avevi notato prima... Proprio per questo motivo i loro ultimi 2 album, quelli succitati, possono essere definiti veri e propri capolavori del metal/rock odierno. Tornando al presente, non nascondo una certa trepidazione per il cd in questione, avendo saputo in anticipo di tre mesi della sua presunta uscita alla fine di ottobre di quest'anno... Beh... l'ho comprato originale, perché con certi gruppi si deve acquistare per forza in originale!

Ad un primo ascolto sono rimasto con l'amaro in bocca; sembrava si un lavoro degli Isis ma senza quella profondità che aveva permeato i lavori precedenti.

Ma mi sbagliavo!!

Nella sua prima parte il disco si presenta come era stato "10.000 days" per i Tool dopo un capolavoro assoluto come "Lateralus", e cioè un degno successore che nulla aggiunge al sound ben rodato del gruppo(sia ben'inteso che "10.000 days" mi è piaciuto un casino). "Wrists of kings" sembra uscita dai solchi del precedente lavoro, con quelle ritmiche ossessive e quelle chitarrine psichedeliche che si aggirano solitarie e quasi insicure; mentre la voce fa il suo sporco lavoro laddove serve; ma già da subito si avverte un cambiamento: i nostri si sono avvicinati a soluzioni che mi ricordano tanto la scuola tool; quelle ritmiche, quei crescendo imperiosi, quelle melodie oscure e mantriche mi hanno portato alla mente il lavoro del succitato gruppo; si nota anche un'allontanamento da quei dettami post-rock presi in considerazione col precedente lavoro (leggasi mogway e gy!be).

"Dulcinea" è il pezzo scelto come apripista ed è anche il più semplice da penetrare, il più orecchiabile se mi passate il termine. È nella seconda parte che il disco prende il volo e presenta tutte le novità! Tribalità più marcata, sempre più in odore di tool, ed elettronica più ricercata che in passato... L'intensità sale a dismisura in pezzi come holy tears, over root and thorn, e la conclusiva garden of light: bellissima nei suoi crescendo vorticosi, nei suoi tempi sbilenchi, nelle sue armonie lisergiche...

La track che più di tutte denota il cambiamento è la strumentale firdous e bareen: patterns di batteria elettronica in mantrico movimento vanno a sovrapporsi all'organicità dei tamburi del buon Aaron Harris, l'atmosfera è da viaggio lisergico... qua e la spuntano synth, chitarre che salgono verso l'infinito ma non vi arrivano mai, in vibrato, rumori vari, percussioni... Beh che dire ancora? È difficile spiegarlo a parole questo disco, come ogni loro lavoro (pensare che la rece di 'panopticon' non l'ho nemmeno saputa fare)...

In definitiva quest'ultimo lavoro degli Isis è qualcosa che si discosta dai loro precedenti lavori ma al tempo stesso rimane ancorato al sound edificato in tutti questi anni dal combo; è un lavoro che va assorbito nella sua interezza, non facile al primo approccio (forse è il lavoro più strutturato e difficile che il gruppo abbia sfornato fin ora) ma che saprà regalarvi delle fantastiche emozioni come solo band del loro calibro sanno fare.

Le aspettative erano tante, e sono state ripagate con un OTTIMO lavoro di transizione, di mutamento, che porterà il gruppo a sperimentare ancora verso soluzioni che neanche immagino.

Niente è vero, ogni cosa è permessa!! Grandi sempre!

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