Questa è una nota disambigua sugli Isis, da cosa nascerà il moniquer della band, sarà forse l’acronimo di un Aircraft, un’automobile, un personaggio dei fumetti, una parte hardware di macchine industriali d’elaborazione dati, qualcosa che riguarda l’UNESCO, sarà un’organizzazione scientifica, il nome di un cratere lunare, un satellite, un testata giornalistica, l’ultima evoluzione tecnologica navale nel recupero agli armamenti nucleari progetti boicottati al termine delle ultime guerre mondiali, il nome di un uragano, un puzzle?
Ho passato interi mesi, notti insonne, alla ricerca dell’arcano che tanto affligge la mia flebile mente.
Tirai con veemenza pugni contro le mura della mia camera, presi allora la decisione di colorarle di un cielo gremito di stelle, divelsi vetri dagli infissi, installai e pavimentai con un prato inglese sul quale poter riposare, qualcuno penserà, dormire fuori in balcone un cazzo no?!
Invece io volevo di più, la fresca brezza di un cielo nero come la pece penetrato da raggi stellari non illuminava l’anima di questo mondo…
Dal mio promontorio, a più di 70 metri di altezza, fatto di cemento e prati inglesi ad libitum, adibito a postazione di controllo decollo/atterraggio, continuai ad osservare, tua madre in mutande, microcosmo di una città avvolta dalle fredde luci di una notte che non vuole finire, ma non riuscì mai a rispecchiarmi sotto le reminiscenze di una vita passata, assorto nell'acre profumo di post Hardcore la cui solitudine metropolitana, è pari solo a quella dell’anima in settembre, osservai, osservai, osservai, osservai, osservai… ed urlai…
Sotto le eteree luci di uno street lighting pole intravidi una suora senza volto, bianco come la luna, dimenarsi come avvolta da uno strano fuoco ancestrale e selvaggio, strani danze, rituali liturgici, di un mondo le cui indeterminate distanze lasciano impietriti.
Continuava ad avvicinarsi; quell'essere, continuava ad avvicinarsi, così l’intero piazzale dove avveniva la folle visione, d'improvviso ospitò uno strano individuo… d’un tratto quell'anziano, osservava, osservava, osservava, osservava…
Batteva, cadenzando il proprio bastone a ritmi imperterriti, cacofonici, stonati intrusi, ambiva a dipingere “quella notte che non vuole mai finire”, con note distorte.
Note il cui propagarsi era diretto verso le schizofrenie di una mente ormai esausta dal continuo chiedersi del perché gli Isis si chiamassero in quel modo.
Venti imbestialiti da chitarre dissonanti, lontane dai loro consueti odori post rockeggianti che oggi tanto ricordiamo (dimmi di chi èèèèèèè???!!!!!!! dimmi di chi èèèèèèèè???!!!!!!!) iniziavano ad alterare la stabilità del mio promontorio, all’interno di muri sonori i cui squarci sono al pari della bestia più subdola e feroce, il cui veleno inebria come la follia più parossistica e sovraumana, senza limiti, insaziabile esaltando le proprie passioni ancestrali.
Ma la suprema dea osservava, Iside madonna nera, di un destino assai incerto, figlia delle stelle, donna di mezzo, tra mito e realtà, le cui discendenze trovano reminiscenza in uno spazio precettore, la cui cultura giunge irrimediabilmente sino a noi, propagandosi all’interno di un culto giudaico, per arrivare alle nostri notti, ricolme di stelle, vuoti dentro e vuoti esistenziali...
Immaginate la prossima recensione in cui mi chiederò del perchè gli Isis suonano in questo modo...
dimmi di chi èèèèèèè???!!!!!!! dimmi di chi èèèèèèèè???!!!!!!!
dimmi di CCCCHHHIIiiiiiiiiIIUUUUUUUUUUUUUUUAAAAAAAAAAAAAARRRRRRRRRRRRGGGGGGGGHHHHHhhHH!!!!!!!!
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