Era da tempo che avevo in mente di scrivere questa recensione, e non l'ho mai fatta per 2 motivi: il primo che è già presente una, eccellente, di StefanoHab. L'altra ragione è un problema di fondo: si possono amare certi dischi (e certi gruppi) sino ad averne quasi un certo timore reverenziale. Si può in pratica aver paura di scrivere qualsiasi cosa sul loro conto, solo per il fatto che ciò possa in qualche modo sminuirli o dare un'immagine non esatta. Eppure alla fine ho dovuto cedere alla tentazione e mi sono lanciato in questa recensione su un vero e proprio capolavoro.
I bostoniani Isis, dopo il successo di "Oceanic" del 2002, tornano alla ribalta con questo "Panopticon", album del 2004. Intanto, cercando di dargli una catalogazione in termini di genere, si rimane subito impantanati su cosa diavolo suonino questi tipi. Teoricamente è sludge, ma è pure post hardcore, stoner, post rock, in certi frangenti elettronica... "Panopticon" è un tutto, un magma sonoro che ti aggredisce e ti avvolge sin dall'iniziale "So Did We" e ti trascina con sé in inferni di palazzi in fiamme e tempeste oceaniche e subito poi ti sbalza sopra le nuvole, dove il marasma quotidiano non ha più senso, dove il cielo è limpido e dove la vita umana, vista dall'alto, rassomiglia solo ad un continuo insensato brulicare di moscerini.
"Panopticon", l'occhio che tutto vede, il cui nome è ispirato al progetto di un carcere di massima sicurezza dove giorno e notte i carcerati sono incessantemente osservati, con la privacy totalmente sgretolata... "Panopticon", l'occhio di (un) Dio che ci osserva dall'alto e che giudica l'operato di miliardi e miliardi di persone in un solo attimo... "Panopticon", lo sconvolgimento e la primordiale forza della natura messe in musica... "Panopticon" è una gioia per le orecchie, è uno di quei dischi che creano dipendenza e che assurgono quasi ad esperienze mistiche, se solo riesci ad entrare nella giusta ottica e riesci ad apprezzare cotanta maestria nel musicare passioni e emozioni libere, pure, non filtrate. E' come se qualcuno fosse riuscito a dare un rumore all'etereo, come se qualcuno fosse riuscito a riportare alle sette note il suono della pioggia che diviene tempesta, il suo odore, il fragore degli oceani in burrasca e la pace delle immensità oceaniche. Se la calma prima della vita e quella dopo la morte avessero un suono umanamente ascoltabile, probabilmente sarebbe "Panopticon".
E' per me impossibile descrivere le sette tracce che compongono questo disco. Prendiamo a titolo esemplificativo la prima traccia "So Did We". La partenza è rombante, tipicamente sludge e post hardcore (soprattutto nella voce di Aaron Turner), ma poi subito dopo si apre uno squarcio melodico nel quale si insinua un lungo armonioso ed intricato arpeggio di chitarra che si avvolge su sé stesso, costruisce la propria vita e struttura dal suo costante aggrovigliarsi. La caratteristica di costruire melodie liquide e dilatate nel tempo mattone dopo mattone, geometricamente, è una caratteristica che accomuna gli Isis ad un gruppo loro affine, i Neurosis. Una volta che la spirale elettrica giunge a compimento si reinserisce la voce, stavolta di timbro diverso, per declamare una nuova strofa. Segue poi un momento etereo e di pace acustica, con arpeggi sognanti a tratti quasi pinkfloydiani. E' come se fossimo su una di quelle torri a zero gravità dei parchi giochi, quelle che di botto ti portano su per poi lasciarti cadere all'improvviso. Solo che in questa canzone quando sali su oltrepassi le nuvole e giungi nelle galassie più lontane... Quando però piombi di nuovo a terra ti avvolgono solo fiamme fumo e polvere. Questo in pratica è ciò che si può provare ascoltando questa prima traccia, ma la sensazione di pace dei sensi e di armonia col cosmo immediatamente sgretolate dalla furia primitiva del caos sono percepibili anche nelle successive canzoni. Da menzionare senza dubbio il crescendo continuo ed inquietante che sfocia nell'apocalissi di "In Fiction", così come il suo diretto opposto "Wills Dissolve", dove sono la meditazione e la dilatazione sonora a farla da padrona (se si esclude il finale, già più convulso).
Notevolissima pure la sincopata "Syndic Calls", mentre resterete sbalorditi di fronte a "Altered Course". E' come passeggiare su un ghiacciaio da soli, con gli icebergs che scivolano lenti sul mare gelato e i pesci, sotto i tuoi piedi, che nuotano veloci e i cui riflessi si infrangono sulla parete ghiacciata sulla quale stai camminando. Chiude il tutto la geometrica "Grinning Mouths", summa finale di tutto l'operato degli Isis in questo disco, con i vari saliscendi melodici e le sfuriate elettriche che si alternano a momenti di apparente pace (dove invece non si accumula altro che tensione che poi verrà immancabilmente rilasciata tramite muri di suoni liquidi e bordate metalliche).
Penso sia inutile aggiungere altri commenti a quanto già detto. Senza mezzi termini il disco è un assoluto capolavoro, da avere in tutti i modi: se lo apprezzerete riuscirete sicuramente a capire le mie lunghe e forse sconclusionate divagazioni.
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