"Il cavaliere inesistente" è il romanzo che chiude la famosa trilogia di Calvino, comprendente "Il visconte dimezzato" e "Il barone rampante". Edito nel 1959, il romanzo tratta delle vicende del nobile paladino al servizio di Carlo Magno, Agilulfo, sempre in prima fila nelle battaglia contro gli infedeli, che non esiste. E già, infatti egli non è che pura forza di volontà, una lustra armatura fisicamente vuota, piena di questa entità che è esclusivamente per il suo voler servire la causa cristiana. Agilulfo è antipatico a un po' tutto l'esercito cristiano: egli è infatti maniacalmente pignolo, ogni cosa per lui dev'essere ricondotta a degli stilemi ben definiti, deve seguire leggi ben determinate. E' la razionalità più pura e incontaminata. Ad Agilulfo si contrappona Gurdulù, un ragazzotto privo di razionalità nel modo più puro e incontaminato. Egli è tutta sensazione, tutta passione: è talmente privo di logica che si dimentica spesso chi è, dando vita a scenette esilaranti, come quando si butta in una zuppa pretendendo che sia essa a mangiare lui.
Da notare come Gurdulù sia solo uno dei nomi affibbiati a questo personaggio: ogni regione, ogni città, ogni villaggio gli ha dato un nome diverso, un espediente utilizzato da Calvino proprio per sottolineare questa esistenza inconsapevole, totalmente opposta all'esistenza di sola consapevolezza d'esistere del protagonista. Gli altri personaggi principali sono Rambaldo, giovane cavaliere che assurge Agilulfo a suo modello, la paladina Bradamante, innamorata del cavaliere inesistente e che per questo respinge l'ardente Rambaldo, e Torrismondo, paladino di Carlo Magno e in un certo senso antagonista di Agilulfo.
Il romanzo si può dividere in due sezioni: la parte delle battaglia e quella del viaggio. Nella prima, Calvino narra la guerra fra musulmani e cristiani, presentando i personaggi e le loro peculiarità, mentre nella seconda tratta dei viaggi intrapresi da Agilulfo, Bradamante e Torrismondo. Agilulfo parte per dimostrare di meritarsi il titolo di paladino (che Torrismondo aveva messo in dubbio), senza il quale perderebbe l'onore e la sua forza di volontà (e quindi scomparirebbe), Bradamente lo insegue perchè non riesce a stare senza di lui, Torrismondo per trovare suo padre e confermare così il suo diritto a servire Carlo Magno. In questi viaggi è palese la citazione dell'"Orlando Furioso" di Ludovico Ariosto, autore molto amato da Calvino.
A partire dal nome stesso di Bradamante, d'ariostesca memoria, fino ad arrivare all'inseguimento di Agilulfo da parte della paladina (che rimanda agli inseguimenti di Angelica da parte d'Orlando), tutto il romanzo è pregno di riferimento al grande poema cinquecentesco. Ma Calvino fa di più, Calvino sviluppa alcuni aspetti dell'opera d'Ariosto, come la forte demistificazione dell'epica figura del cavaliere. Se già nel 1500 l'epoca delle guerre contro i musulmani era tramontata, nel 1900 essa può rivivere solo nei romanzi. Ed ecco allora l'ambientazione temporale de "Il cavaliere inesistente", la stessa dell'"Orlando furioso", le presenze (pur marginali) degli stessi Rinaldo e Orlando, la beffa del destino, comune ad Orlando e Agilulfo.
La demistificazione dell'eroe raggiunge in Calvino livelli che solo nel Novecento potevano essere raggiunti: "Il cavaliere inesistente" si pone, in un certo qual modo, come il successore dell'"Orlando innamorato" di Boiardo e dell'"Orlando furioso", ma il paladino è qui inesistente, non innamorato o furioso, inesistente. Il processo di demistificazione è arrivato a compimento totale.
L'autore inoltre riesce contemporaneamente a trattare della condizione umana: è infatti paradossale come si possa esistere per sola forza di volontà o per sola inconsapevolezza d'essere, ma entrambe le condizioni sono possibili. "Il cavaliere inesistente" in conclusione è fra i massimi capolavori della letteratura del Novecento, perchè tratta di temi profondi con una semplicità disarmante, che solo Calvino riesce ad avere, perchè è una commedia umana di notevole spessore, perchè è la rappresentazione dell'impossibile che diventa possibile, è il paradosso istituzionalizzato.
Un'opera che diletta e fa pensare.
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