"Gli indimenticabili" è il nome un po' beffardo di una collana di CD a prezzo stracciato, quasi sempre di artisti ormai dimenticati, o che rischiano di esserlo, una serie che purtroppo comprende anche i dischi di Ivan Graziani. Vuol dire che le sue storie autentiche, ambientate in una provincia italiana popolata da personaggi umanamente ricchi e originali, tratteggiati con ironia graffiante ma mai volgare, non smuovono più di tanto un pubblico ormai sotto anestesia televisiva, maturo per le vicende fasulle di qualche vip o presunto tale. La fortuna non ha ancora smesso di voltare le spalle ad Ivan Graziani, morto di cancro a 51 anni, con chissà quante storie ancora da raccontare, anche se il suo meglio l'aveva espresso tra la metà degli anni '70 e i primi '80, alla fine dell'epoca d'oro dei cantautori italiani. "Pigro" (1978) è l'album che lo impose all'attenzione di un pubblico finalmente vasto, dopo anni di onesta gavetta. Penalizzato da un falsetto più adatto ad un Cugino di Campagna che ad una persona seria, Ivan si rifaceva con gli interessi grazie alla sua tecnica chitarristica, unica tra i cantautori, che ne faceva un ottimo session-man, richiesto da molti colleghi, primo fra tutti Lucio Battisti. E soprattutto si rifaceva con una capacità immediata di tradurre in ritratti ben definiti quel "mood" impalpabile che un illuminante verso gucciniano definisce la grazia o il tedio a morte del vivere in provincia.

Da questo stato d'animo prendono corpo personaggi come "Paolina", tenera e timida ragazza trentenne "amara come il sale", condannata più che altro dalle sue stesse indecisioni ad una vita di solitudine, tutta casa e lavoro, dove perfino la lezione di guida "con l'istruttore biondo, che gioca sempre con tutte" è un piccolo diversivo. Canzone insolitamente strappalacrime, ma ben musicata. "Gabriele D'Annunzio", con i suoi pregevoli intrecci di chitarre acustiche, è l'inconfondibile ritratto di un ometto ignorante, sposato con un donnone forzuto, che lo picchia ogni sera con il nerbo di bue. Il pover'uomo non trova di meglio che sfogare la sua disperazione aprendo sul letto la sua collezione di giornaletti porno e chiamando per nome le sue donnine di carta, le uniche in grado di capirlo. Situazione comica, ma non troppo: il riso nasconde a stento le lacrime. Anche "Scappo di casa" è la storia di un giovane frustrato, che fugge da una famiglia ottusa e bigotta nell'indifferenza assoluta (Venti giorni di fuga e neanche un appello per radio), ma la sua ribellione si conclude tra il ridicolo e il patetico nel bar sotto casa, senza neanche i soldi per pagare un cappuccino... davvero niente a che fare con la vita intensa dei fuggiaschi di Kerouac! "Fango" è il bozzetto a forti tinte rock di un giovane delinquente; il linguaggio è volutamente schifoso, e oltre al fango compaiono ragni, rifiuti, vomito ecc. Quelli che sanno direbbero che è un brano un po' "splatter". Tutto sommato la storia più positiva è "Monna Lisa", che non a caso è immaginaria. L'esito del tentato furto della Gioconda è scontato, ma almeno per qualche minuto il ladro improvvisato può placare la sua sete di cultura (la scuola è una gran cosa, e soprattutto se ti insegnano ad amare i capolavori del passato, però è un peccato che tu non li puoi vedere, né toccare). La musica è un bel rock vivace, dal ritmo secco e preciso come il ticchettio di una sveglia, puntualmente scandito dalla batteria di Walter Calloni, con qualche prezioso assolo chitarristico di Ivan. La provincia riappare vista nel suo insieme "come un'isola di matti perduta nella pioggia" in "Sabbia del deserto", altro rock pieno di brio, con un bel contributo del sax scoppiettante di Claudio Pascoli. Meno convincente, anche se apprezzabile, è il tentativo di smontare una certa cultura settaria, che poi genera l'ignoranza, nella fulminea "Pigro", due minuti di velenose frecciate ed energiche schitarrate. Un po' troppo per addetti ai lavori la caustica "Al festival slow folk di B-Milano", ambientata nel giro dei gruppi "alternativi" dell'epoca, che Ivan Graziani ha conosciuto molto bene durante i suoi anni di gavetta.

Nel complesso il disco è più che gradevole, e costituisce un buon punto di partenza per chi vuole conoscere questo nostro autore un po' sottovalutato, prima che il Mercato provveda a seppellirlo nell'oblio.

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