Un album che suggestiona, rapisce, sorprende, catapultando ad un tratto l'ascoltatore su di una defilata poltroncina del teatro per lasciarsi dolcemente immalinconire da quell'impasto di musica e parole creato da un Fossati in stato di grazia.
Credo che questo live, insieme all'altrettanto straordinario Volume 1, uscito anch'esso nel 1993, rappresenti l'apice interpretativo di questo autore che oggi identificarlo con canzoni come "Cara Democrazia" fa sempre un effetto alquanto stridente, ma non voglio addentrarmi sulla controversa ricerca di leggerezza che caratterizza quest'ultimo suo periodo e che personalmente spero finisca qui.
Ritorniamo alla poltroncina e all'atmosfera soffusa del teatro, perchè queste registrazioni magicamente ce lo consentono, ed è lo stesso Fossati a scrivere nelle note di copertina del disco che "le registrazioni contenute in questo album non sono state sottoposte a rielaborazioni posteriori ma sono la fedele testimonianza, nel bene nel male, di ciò che le nostre forze ci hanno consentito di fronte al pubblico del Teatro Amilcare Ponchielli, nella città di Cremona, le sere del 2 e del 4 marzo 1993".
E il potere evocativo che tutto questo suscita è immenso.
E allora rilassiamoci e rendiamoci almeno per un po' completamente permeabili alle emozioni...
Si parte con Lindbergh e la sua solitaria traversata dell'Oceano Atlantico dove "difficile non è partire contro il vento, ma caso mai senza un saluto"; ci si elettrizza con una ritmata "Discanto" che si conclude con una splendida coda strumentale di pianoforte e batteria. E poi via con "L'uomo coi capelli da ragazzo" che ha quell'inciso iniziale che già ti prende per mano e ti accompagna vicino alla sensibilità di chi non ha la nostra ragione e forse proprio per questo mantiene i suoi "capelli da ragazzo" ed è li che aspetta che tu lo vada a prendere una domenica "per vedere che bel mare che c'è". Ancora "J'adore Venise" dove in un incontro d'atmosfera "i motivi di un uomo non sono belli da verificare" e poi "La casa"; "Italiani d'Argentina" che qui sembra raggiungere la sua giusta veste musicale e la celebre "Canzone popolare".
A questo punto già nel completo coinvolgimento creato da una musica di rara raffinatezza appare una sorta di trilogia sull'amore, quello vero, quello sentito profondamente e visceralmente senza fronzoli e inutili sentimentalismi, che prende forma con "Carte da decifrare" brano inedito e bellissimo "perché l'amore è tutto carte da decifrare e lunghe notti e giorni da calcolare, se l'amore è tutto segni da indovinare, perdona se non ho avuto il tempo di imparare, se io non ho avuto il tempo di imparare". E poi viene presentata "una vecchia canzone con un vestito tutto nuovo" cioè "E di nuovo cambio casa" dove "cambio posto e chiedo scusa, si... ma qui non c'è nessuno come me" e ancora "La costruzione di un amore" che mai come in questa versione raggiunge la compiutezza, l'essenzialità e la forza per dire che "la costruzione di un amore spezza le vene delle mani, mescola il sangue col sudore se te ne rimane" ma è comunque "come un altare di sabbia in mezzo al mare". E questa odissea dei sentimenti termina con "La volpe" e "La musica che gira intorno" brano che si conclude scandendo che "sarà la musica che gira intorno, quella che non ha futuro, sarà la musica che gira intorno, saremo noi che abbiamo nella testa un maledetto muro" e auguriamoci che Fossati tenga ben presente queste sue parole, leggerezza nonostante.
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