J Dilla (aka Jay Dee) nasce nel ’74 nella Detroit del Motown soul da madre cantante e padre bassista jazz. Il destino nell’ambito musicale appare, dunque, già segnato con la nascita e difatti all’inizio degli anni ’90 inizia a muoversi nell’ambito dell’hip-hop, dedicandosi al campionamento di suoni provenienti dagli innumerevoli vinili collezionati durante l’adolescenza.
Nel ’95 fonda gli Slum Village assieme ai rapper T3 e Baatin con cui pubblica il mixtape “Fan-tas-tic, Vol.1”, in cui confluiscono i suoi primi esperimenti come beatmaker, esperimenti poi rivisti e ampliati per “Fantastic Vol.2”, primo capolavoro di Jay Dee.
Nel corso di una carriera durata poco più di un decennio collabora con i maggiori esponenti del genere: produce quasi interamente due capolavori come “Labcabincalifornia” dei Pharcyde e “Like Water For Chocolate” di Common; si unisce a Q-Tip e Mr. Muhammad (colonne portanti degli A Tribe Called Quest) nel team produttivo The Ummah; da vita ai Jaylib con Madlib; fornisce strumentali a De La Soul, Busta Rhymes, Talib Kweli, Ghostface Killah fino ad arrivare a progetti più tendenti al nu-soul come D’Angelo e Erykah Badu.
Parallelamente Dilla inizia un’attività solista, che si conclude nel più tragico dei modi: la morte nel 2006 causata da una grave patologia, che lo costringe a comporre su un letto d’ospedale l’ultimo capitolo “Donuts”. L’album ne è, al contempo, testamento artistico-spirituale e summa di quanto sperimentato durante le varie fasi del suo percorso musicale.
“Donuts” racchiude 31 tracce, che non superano mai i due minuti, (fatta eccezione per “Workinonit”). A discapito del minutaggio ridotto non si ha mai l’impressione di ascoltare demo o composizioni incompiute, al contrario le "ciambelle" offerte da JD sono strumentali dalla natura già ben definita e autosufficiente, che non necessitano di strofe in rima per rifinirle. Dilla parla attraverso i suoi beats e di tanto in tanto inserisce sample vocali che aggiungono sfumature alla musica. E' il caso di “Stop!”: una voce scandisce “Is that real?”, ma, suggestionati dalle vicende del protagonista, è facile convincersi di aver ascoltato “Is death real?”.
Un album che inizia come dovrebbe finire (“Donuts Outro”) e finisce dove dovrebbe iniziare (“Welcome to the Show”).
Un’opera profondamente golden age nello spirito, ma che suona incredibilmente fresca e mai rassegnata, nonostante la drammaticità del momento in cui è stata composta. Un concentrato di black-music: dal campionatore di Jay Dee escono, rielaborati e mescolati insieme, Shuggie Otis, James Brown, Isley Brothers, Stevie Wonder, Dionne Warwick e molti altri. Una produzione, allo stesso tempo, sporca e morbida a suggellare il tutto. Il marchio di qualità Stones Throw.
In loving memory of James Yancey (1974-2006)
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