Anche ridotto quasi a pelle ed ossa da un brutto male, con conseguente trapianto di fegato pieno di complicanze (il fio da pagare per una vita di veri abusi) il vecchio Jack, classe di ferro 1943 da Glasgow, con cocciutaggine e coraggio tutti scozzesi è capace ancor oggi di guadagnare il palco, badando di rimanere quasi sempre appollaiato sopra uno sgabello per non perdere le esigue forze, ma non facendo mai mancare agli astanti la forte ed estesa voce e soprattutto il nodoso, creativo, brillante stile al basso elettrico.
L'uomo le ha provate tutte, nel corso della cinquantennale carriera, per tornare pienamente sulla cresta di quell'onda cavalcata alla grande nella breve stagione (1966-68) dei Cream, ma non c'è stato verso, quei tempi non sono mai tornati e da lungo tempo a questa parte Bruce è sì ancora punto di riferimento, ma essenzialmente per musicisti, aspiranti tali e comunque addetti ai lavori in genere, oltre ad un manipolo di fans per maggioranza quantomeno anzianotto.
Le radici jazz di questo musicista, voglioso di essere apprezzato a tutto tondo e non solo come bassista e cantante, saltano fuori con evidenza nei suoi dischi solo. Balza all'orecchio la laboriosa complessità melodica ed armonica del suo songwriting, quasi contorto tanto ha l'aria di essere perseguito e studiato nella sua imprevedibilità. Il risultato è per certo personale, stimabile ma con un che di artificioso e poco scorrevole, sinceramente quasi mai entusiasmante: Bruce è un grande musicista, ma quando fa tutto da solo gli manca qualcosa... è tutt'altro che scontato, però senza genialità, è intrigante ma non molto emozionante. L'effetto è che i suoi dischi non si riesce a memorizzarli, le melodie sfuggono e così non stancano, ma non creano neanche la voglia di riascoltarle con frequenza.
Quando, nel 1971, uscì questo suo terzo disco d'autore, il suo nome era ancora ben saldo nell'empireo dei famosi, per via della scia ancora spumeggiante lasciata dai Cream. Purtuttavia vendette il giusto, privo com'è sia di "ganci" commerciali nelle strofe e nei ritornelli, che di mirabolanti cavalcate solistiche o altre esternazioni di virtuosismo strumentale. Jack compone al piano ed alla chitarra acustica, facendosi aiutare solo da un paio di altri musicisti mai assurti a protagonisti, il chitarrista Chris Spedding ed il batterista John Marshall. Al solito ai testi ci pensa il fido collaboratore di una vita, Pete Brown.
La voce di Bruce è particolare: tecnicamente potente ed estesa, può piacere o meno per come viene usata. Sicuramente il suo stile è ben distinguibile da qualsiasi altro, però a me non ha mai fatto impazzire. Del suo approccio al basso non si può dire invece che bene, anzi benissimo: ha insegnato e fatto innamorare di questo (splendido) strumento tante di quelle persone da non avere eguali al mondo. Intanto il suono: profondo e largo, prepotente e spesso. Poi la tecnica, precisa e in "tiro" costante. Infine la creatività ritmico/melodica: infinita, leggendaria, coraggiosa, oltraggiosa, innovativa, entusiasmante. Insieme con altri luminari del tempo (John Entwistle degli Who, Chris Squire degli Yes, Mel Schacher dei Grand Funk Railroad i più meritevoli) è riuscito a coniugare straripante creatività melodica e trascinante indiavolamento ritmico rubando la scena al chitarrista di turno anche se si chiamava Clapton (o Leslie West o Steve Hunter o Robin Trower, guardando al prosieguo di carriera).
Bruce insomma come bassista è un maestro senza tema di smentite, un santone, un guru. Come creatore e arrangiatore di canzoni e dischi, non direi. Del pugno di brani epocali che ha saputo scrivere in carriera (tipo "Theme from an Imaginary Western", dall'album di esordio "Songs from a Taylor") nessuna appartiene a quest'album. Si avvicinano senz'altro all'eccellenza "Escape to the Royal Wood (On Ice)", "Morning Story" e soprattutto l'estesa "Smiles and Grins" nelle quali le oblique melodie del nostro e l'asciutto accompagnamento del gruppo da lui allestito per le sessioni di registrazione viaggiano compatti e interessanti.
Grazie di tutto Jack, piccolo e prepotente grand'uomo col basso elettrico a tracolla, tieni ancora botta per tanti e tanti anni.
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