Nei momenti della vita in cui sembra stia piovendo sempre e in cui sembra che possa davvero non smetter più, servono alcune birre e tanti dischi così. Con Jack O. ed i suoi strappalacrime le chiacchiere stanno, come sempre in questi casi, a zero. Appena scendo la puntina sul solco mi si appiccica addosso puzza di salsiccia alla brace e il suono di fuzz sembra The Leather; invece è solo la storia che si ripete, dieci anni dopo.
Siamo a Memphis e non ce ne fotte. Siamo impastoiati tra scariche di elettricità statica - "Flip Side Kid" e cavalcate che nemmeno Charlie Louvin - "'Til The Money Runs Out" - insomma nelle calde braccia del Tennessee ad alto voltaggio, tra gente di poche parole e con immense collezioni di dischi piuttosto rigati. I segreti: suonare suonare suonare e saperlo fare bene - come in "Dirty Nails" che è una zappata Compulsive Gamblers, oppure magari essere gente che ha imparato il blues, quello lurido, prima di imparare a parlare - e in "Golden Age" c'è la prova che si può ridere anche tra le lacrime.
La sbronza Oblivians non mi passa, e il sole comincia a fare capolino; giro il disco, stappo un'altra budweiser.
Così alzo improvvisamente il volume e su "Hong Kong Girl" mi impomato e lucido i boots. C'è da ballare un lento a mo' di Tom Waits rotolato nella mota e "Chills and Fever" rivolta gli Os Mutantes come un calzino: tipo Besame Mucho cantata e suonata da un gruppo di wrestlers con la passione del chili piccante. Quando arrivo a "Black Boots" sono definitivamente guarito, il sole è alto e la mia camicia stirata: anzi, sembra che Dylan abbia bevuto troppo e non voglia lasciare il microfono ad un concerto di Jay Retard: Mr.Oblivian oltre a far muovere, sa commuovere con un ballatone strapazzato, distorto e dove il singalong mi fa venire quasi il mal di gola. Insomma è tutto pronto.
Solo che quando scendo, mentre si disperdono le ultime pennate zozze di "I Want You" (che tra l'altro è l'ennesimo blues in calore, quasi fossero i Guitar Wolf a fare da backing band a Nick Cave) mi accorgo che è transeunte il piacere di sublimare la realtà: non sono a Memphis, continua a piovere e dovrò bere l'ennesima birra, facendo tornare daccapo la puntina. Ancora.
Effimeri miracoli del delta.
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