Poco più, o poco meno, d'un bootleg. Elevato a rango di disco come si deve perchè il nome è il nome, vende, e il nome di Jaco Pastorius vende. Roma, dicembre 1986, Jaco ha già suonato in Italia quella primavera, è ritornato sempre in coppia con Bireli Lagrene, ma accompagnato da Serge Bringolf alla batteria al posto di Thomas Borocz. E' un trio ancor più orientato verso il rock:  apre "Smoke On The Water", seguono "Purple Haze" & "Third Stone From The Sun". L'immancabile "Teen Town" e poi "The Star Spangled Banner" - l'amore per Jimi Hendrix è cosa nota.

Ovvio che non stiamo parlando di un rock power trio. Vero però che ci assomiglia. Ma c'è "Reza", c'è la solita "Invitation", un po' di "So What" dentro "Broadway Blues", lo showcase "Honestly". Insomma il jazz c'è, il funk pure: non è che Jaco non sia Jaco. E' che Jaco è stanco, malato, debilitato fisicamente e mentalmente. Non suona come saprebbe fare, ha perso di freschezza. Capita addirittura che il basso elettrico non sia che un canonico accompagnamento alla chitarra, che in fondo è quello che fa di solito, ma non nelle mani di Jaco Pastorius, non solo. Nonostante questo, la potenza c'è ancora tutta, insieme alla voglia di stupire e divertirsi - chi se l'aspettava l'inno di Mameli?

Dire però che questo sia un disco indispensabile non renderebbe giustizia a ciò che Pastorius ha suonato nella sua carriera: non è un disco fondamentale. E' un disco per appassionati, difficile da capire se non si tiene presente il contesto: siamo pochi mesi prima della morte di Jaco, che è solo, abbandonato dai più, lontano dalle luci della ribalta conteso dal disturbo bipolare e dalla droga. Un uomo alla frutta, onestamente. Per questo mi viene da pensare ai dischi tratti dalle sue ultime esibizioni (oltre a questo, il Live in Italy e Honestly) come all'ultimo saluto di Jaco, che poi siano stati registrati in Italia me li fa sentire ancora più miei.

E' un ultimo saluto controverso, bisogna essere comprensivi con un grande genio: sorridere malinconici, scuotere la testa, magari mettersi a piangere. Perchè nel dicembre 1986 Jaco non è più l'inarrivabile, è un musicista ancora eccezionale, ma a cui rimane poco da dire. Lo dice, anzi lo urla, e c'è da ascoltarlo perchè chissà che non dica qualcosa di grande proprio alla fine, proprio in punto di morte. Per me non è così, ma chissà.

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