Dopo aver dimostrato a Wayne Shorter ed al mondo intero di essere il miglior bassista di sempre Jaco Pastorius decide di dimostrare a se stesso e chiaramente al mondo intero di essere anche un gran compositore. Non uno tra i più grandi di sempre ma uno coi controcazzi. Scrive allora "Word of Mouth" (AD 1981).
Via dunque allo pseudo be-bop di "Crisis" in cui è un basso frenetico a farla da padrone (e curiosità: tutti gli strumenti sono stati registrati singolarmente senza che i musicisti sentissero le parti altrui). A seguire prima lo swing un po' riflessivo di "3 Views of a Secret" e poi quello più gioioso di "Liberty city" che parte come fosse Dizzie Gillespie si crogiola un attimo in un magma funky di basso e percussioni sfida Miles Davis sul suo stesso territorio e finisce in una maniera che più epica non si può! Undici minuti e mezzo da urlo.
Che dire della rilettura della "Chromatic Fantasy" di bachiana memoria? Fantastica con il basso che si inerpica dove nessun altro mai era arrivato ed un susseguirsi di dolci fiati e inaudite cacofonie. In "Blackbird" dei Beatles a regnare incontrastata è l'armonica di Toots Thielemans mentre "Word of Mouth" sfonda ogni muro con un rumorosissimo basso in overdrive ed un vulcanico lavoro di batteria. Chiude l'album l’ambiziosa "John and Mary", dedicata ai figli: inizia glam si tinge di soul con dei meravigliosi vocalizzi e con il sax soprano di Shorter che fa miracoli, per non parlare di Jaco che s'inventa un groove mai sentito prima. Una delle più belle suite jazz mai scritte.
Ed ancora una volta Jaco ebbe ragione.
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