Brel”, poi ribattezzato come “Les Marquises” rappresenta il testamento musicale del grande cantautore belga. Il nome dell'autore, stampato sulla copertina dell'album a lettere dal contorno bianco e dall'interno trasparente, si lascia trapassare dall'orizzonte sopra cui è stampato, all'epoca, preannunciando, ed, ora, ricordando la commistione dell'essenza autorale con le vastità contemplative. Brel non amava dover cantare in pubblico e, nel 1968, aveva stabilito di ritirarsi dalle scene. Se, egli, non amava doversi esibire, considerandolo come una mercificazione del proprio corpo, dato in pasto ai riflettori ed agli sguardi affamati degli ammiratori, al contrario, amava l'avventura. La figlia ha raccontato, in una intervista, che il padre, munito del brevetto di volo, aveva stabilito di fare il giro del mondo, ma che, poi, si innamorò del silenzio e dell'anonimato che aveva trovato sulle isole Marchesi, situe nella Polinesia francese.

Brel morì di cancro ai polmoni il 9 ottobre del 1978, solo un anno dopo aver completato “Les Marquises”.

Ogni canzone è stata registrata in presa diretta, con l'aiuto dei suoi più stretti collaboratori (Gréco, Jouannest e Rauber) con un solo take. A quanto ci è dato sapere, al momento delle registrazioni, poteva contare sull'aiuto di un solo polmone.

All'interno di “Les Marquises”, Brel ha riversato la sua intera ideologia di vita.

L'apertura dell'album ha una certa connotazione politica. L'album inizia con “Jaurès”.

Wikipedia ci viene in soccorso per sapere chi fosse: “Pacifista impegnato, che desiderava prevenire con mezzi diplomatici quella che sarebbe diventata la prima guerra mondiale, Jaurès cercò di creare un movimento pacifista comune tra Francia e Germania, che facesse pressione sui rispettivi governi tramite lo strumento dello sciopero generale. Jean Jaurès fu assassinato in un caffè di Parigi da Raoul Villain (un giovane nazionalista francese che voleva la guerra con la Germania) il 31 luglio1914, un giorno prima della mobilitazione che diede il via alla guerra.”

Pacifista è un aggettivo che potemmo ben attribuire al cantautore Belga che, tra le sue “attitudini di vita”, annoverava anche quella di essere un filantropo.

Erano logori a quindici anni,già finiti alla nascita,
i dodici mesi, tutti, avevan nome dicembre.
Quale vita hanno avuto i nostri nonni,
tra l'assenzio e le grandi celebrazioni,
già vecchi prima di esserlo […]

non si può dire che furono schiavi,
non si può dire che furono vivi
quando si comincia già vinti
è duro fuggire […]

perchè hanno ucciso Jaurès?

perchè hanno ucciso Jaurès?

Il brano inizia con un brevissimo colpo di fisarmonica, subito seguito dalla profondissima voce di Brel. Voce, in primo piano, che canta con i suoi abituali colpi secchi e ben assestati, e fisarmonica, lineare, quasi del tutto in sottofondo, salvo che per qualche breve istante, sono i protagonisti assoluti di questo brano.

La voce e la parola, invero, costituiscono la forza di Jacques Brel e la sua voce è la vera protagonista di questo album.

Potremmo distinguere i brani dall'andamento più concitato da quelli più riflessivi, ma questa resterebbe una distinzione di ordine prettamente musicale, in quanto l'intero insieme di brani è accumunato dall'essere una lunga riflessione introspettiva, da parte del cantautore.

Il disco, abbiamo detto, si apre con “Jaures”, brano che denota la filantropia del “Grand Jacques”.

Sulla linea di “Jaures”, Brel ha scritto e inciso in questo lavoro: “Le Bon Dieu”, “Voir un ami pleurer” e “Jojo”.

Nella prima delle tre canoni chimate in causa, il “Grande Jacques”, canta:

Tu, tu se fossi il Buon Dio,
Tu non saresti economo
Del cielo blu,
Ma tu non sei il buon Dio,
Tu, tu sei molto di più,
Tu sei un uomo”

Brel crebbe in una famiglia profondamente cattolica e, probabilmente, sviluppò la sua profonda fede negli esseri umani dopo essere stato schiacciato e deluso dalla fede in Dio che gli era stata impartita.

In una intervista rilasciata alla televisione francese il 24 dicembre del 1968, il cantautore asserì:

Credo che gli uomini siano meravigliosi. Forse bisognerebbe dirglielo...”

A commentario di “Voir un ami pleurer” e “Jojo”, una volta chiarito che Jojo era il più grande amico del cantautore belga, vorrei affidarmi, ancora una volta, alle stesse parole di Brel.

La fedeltà di certi uomini, faccia a faccia con altri uomini, mi emoziona sino alle lacrime. Trovo che sia bello; trovo che sia nobile. Trovo che sia molto superiore

a tutti gli altri sentimenti”

[Brel parle, 7 gennaio 1971]

Gli altri brani dell'album non sono raggruppabili secondo una tematica comune.

Essendo “Les Marquise” un album scritto avendo in corpo la coscienza della propria prossima dipartita, un'ultima menzione la merita il brano “Vieillir”.

Sempre durante una intervista, chiesero a Brel se avesse paura della morte e lui rispose:

no, è una mia certezza e non ne ho paura. È evidente che non abbia voglia di soffrire per dieci anni; non amo la sofferenza e sarei folle se la amassi, ma al pensiero di andare

a dormire e non svegliarmi più, non sono angosciato. Mi pare nell'ordine delle cose”

Da quanto emerge dal brano in questione, considerava molto peggio il lento degrado portato dall'invecchiamento.

Considerando tali riflessioni piuttosto rappresentative e credendo che la musica abbia la sua peculiare capacità comunicativa, chiaramente non riproducibile semplicemente a parole, vi lascio la scoperta degli altri brani attraverso un ascolto, speranzoso di avervi invogliato a scoprire tale album.

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