Che suono ha una fiaba? Questi racconti di una manciata di pagine sono come degli scrigni segreti: raccolgono i semi di tutte le narrazioni che verranno. Puntano dritto al cuore del pathos narrativo, t’incantano come dei vecchi carillon cigolanti, dal loro semplice intreccio si diramano tutti i grandi capolavori letterari... Pensare che dipingano un mondo di zucchero filato è un errore che si fa quando se ne scruta appena la superficie. Chi ha alzato il velo del “vissero tutti felici e contenti” ha trovato un mondo fatto di miserie e sangue, di streghe cannibali e di disperazione. Il principe azzurro bacia la sua amata dopo aver mozzato teste in qualche assurda battaglia. Non c’è solo il lieto fine (perché sì, quello c’è)… qualcosa si aggira tra quelle righe e sibila quando le luci vengono spente. Qualcosa d’inquietante. Qualcosa di “spooky”.

È il 1988 quando due bambini mai cresciuti si ritrovano insieme in uno studio di registrazione. In realtà, per loro, non è che un parco fatto di giostre e giochi. Che poi i loro nomi siano piano, cassa, rullante o chitarra poco importa. Loro si avvicinano a questi strumenti come farebbe un infante con un qualsiasi secchiello di sabbia: toccano, scrutano, pasticciano senza dover fare troppa attenzione a chi al tramonto li chiama perché tornino a casa. Senza progetti intellettualoidi, senza pretese snob, senza premeditazione… suonano e danno espressione a quell’attitudine che si riscontra nei bambini alle prese con i loro giochi.A chi interessa se non ho mai toccato una batteria? Se è lì significa che chiunque può metterci mano”. Forse è proprio questo che un infante pensa alla vista di un oggetto a lui sconosciuto. In quel caso non c’è alcun timore o incapacità tecnica a metter freni. Qualcuno potrebbe chiamarlo “atteggiamento naif”, ma queste sono parole che usa chi vede tutto ciò dall’esterno… qui non si ha bisogno di tutte queste categorie e specificazioni. E allora si comincia a battere sulle pelli senza dover troppo pensare al da farsi. Si suona una linea semplice e ipnotica con il primo strumento che capita a tiro. Si fa un po’ a turno per usare questo o quest’altro gioco. S’intonano filastrocche e alle volte si recita a memoria qualcuno dei pezzi preferiti (cover, per i non addetti ai lavori). Da tutto ciò qualcuno potrebbe pretendere una pura replica del mondo felice e spensierato dell’infanzia.

Ma chi l’ha detto che per un bimbo è tutto limpido e gioioso? Il mostro sotto il letto può far paura sul serio, perdere di vista la propria mamma potrebbe richiamare l’attenzione di qualche lupo cattivo. Per questo anche la filastrocca più spensierata può nascondere storie cruente e dolorose. Canzoncine gioiose e stralunate possono volgersi in lugubri canti di disperazione (un esempio tangibile: “Summer Time”).

Tutto questo trasuda dai 31 brani (o 30? o 25? Ma poi sono tutti dei brani?) componenti “It’s Spooky”. Il frutto dell’incontro di questi due Peter Pan è una miscela di jingle e girotondi, collage e buffi tentativi di emulare il mondo dei grandi (su tutti l’improbabile cover finale dei Butthole Surfers). Senza volerlo, senza aver mai deciso nulla a tal proposito, i due mirano direttamente al nucleo di ogni composizione che si rispetti. Riportano tutto all’origine. E se ci riescono, è solo perché loro da quel brodo primordiale non sono mai usciti. Gente a cui basta davvero una matita ed un foglio per creare un intero universo. Allora sarebbe proprio questo il suono di una fiaba.

Una manciata di righe, una storia lineare e semplice… e il mondo a venire non potrà più prescinderne.

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