Sulla sfolgorante scia degli inglesi Iron Maiden, Judas Priest e Saxon nacquero anche i Jag Panzer. Assimilando i principi della NWOBHM, li portarono in America (loro nazione di nascita) dove a livello underground contribuirono allo sviluppo dell'heavy assieme a band come Omen e Manilla Road.
I Jag Panzer nacquero nel lontano 1981 nel Colorado. Il loro debutto "Ample destruction" è uno dei dischi di heavy metal più sottovalutati dell'intera storia di questo genere, così come sottovalutata è la band, nonostante dei mebri di tutto rispetto, tra cui spicca l'ugola di Harry "The Tyrant" Conklin, voce come poche ne sono sopravvissute dalla preistoria metal ad oggi. Il loro cammino è sempre stato travagliato: dopo il cd iniziale gli ci vollero dieci anni per tornare sulle scene. Più recentemente invece, dopo aver pubblicato ben due full lenght in un solo anno (2004), la band non è più riuscita ad affacciarsi sul mercato, ed anzi ha perduto l'eclettico axeman Chris Broderick, attratto dal richiamo di Dave Mustaine e dei Megadeth. Così, dopo averlo sostituito con Christian Lasegue, i Jag Panzer sono tornati in studio tra le mille difficoltà di sempre, con la volontà di far emergere il loro nome nell'heavy metal americano, che senza un motivo preciso non è riuscito mai ad emergere.
"The scourge of the light" è il nono lavoro della band, che torna sulla scena con l'ennesima dimostrazione di potenza, melodia e una classe raramente riscontrabile nella moltitudine dei gruppetti odierni. Un cd che torna ad affermare a 7 anni di distanza da "Casting the stones" il notevole spessore dei cinque; impeccabile la parte strumentale, pulita e adattissima la registrazione, mentre la prova vocale di Conklin non ha neanche bisogno di essere commentata: chi lo conosce sa di cosa è capace. Detto questo, The scourge of the light, pur rappresentando l'ennesima esperienza positiva, non raggiunge di certo le vette di lavori come "Ample destruction" e "Dissident alliance", ma si "limita" (se ciò può sembrarvi poco) a riportare con prepotanza sul mercato metallico, una band che da troppo tempo mancava all'appello. Se la risposta "presente" di "Condemned to fight" non convince perchè troppo stereotipata e vicina al power, pezzi come "The setting of the sun" (dove tornano a far capolino i violini), "Call to arms", l'heavy metal puramente ottantiano di "Bringing on the end" e l'hard rock di "Let it out", pongono l'accento su un gruppo che finalmente è tornato a far sentire la propria voce. Per dimostrare poi che i Jag Panzer d'inizio decennio non ripropongono soltanto heavy metal c'è tempo anche per la più complessa "The book of Kells", chiusura perfetta di un disco ben costruito in ogni suo elemento fondamentale.
Non sarà la release dell'anno, non sono una band stratosferica, ma sanno ancora come fare sano heavy metal. L'orchestra e le parti recitate le lasciano ad altri. I Jag Panzer sono tornati con un album che rispecchia in pieno il loro stile: semplice ma ben bilanciato tra potenza e classe. Una realtà da riscoprire. Voto 3 e mezzo.
1. "Condemned To Fight" (4:23)
2. "The Setting Of The Sun" (3:26)
3. "Bringing On The End" (5:03)
4. "Call To Arms" (3:26)
5. "Cycles" (4:08)
6. "Overlord" (5:27)
7. "Let It Out" (3:34)
8. "Union" (5:15)
9. "Burn" (6:04)
10. "The Book Of Kells" (8:02)
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