Ci sono musicisti che senza tanti clamori (o clangori) influenzano da decenni il corso della scena più o meno alternativa: uno di questi è sicuramente Jah Wobble, immenso bassista dotato di grande tecnica ed ancor più originalità ed inventiva che dal lontano 1978 presiede autorevolmente il crocevia tra dub, ambient, wave, avantgarde ed easy listening.

I Could Have Been A Contender è un'antologia di ben tre dischi al prezzo di uno, con cui la Trojan celebra la carriera di questo pretty boy di Stepney.

Si parte dai P.I.L. e dalle loro paranoiche architetture post-punk: sono qui contenute Public Image, Swan Lake e soprattutto la meravigliosa Poptones. L'apporto compositivo del nostro è facilmente intuibile, basti ascoltare il basso che incornicia claustrofobico e pompato tutte e tre le canzoni (molti critici pensano che il buon Lydon abbia cacciato Wobble dai P. I. L. perché gli rubava spazio e riconoscimenti, ma questi son pettegolezzi). . .

Segue poi uno dei primi esperimenti solisti: Betrayal Dub, sguaiata e carina, ma ancora legata ad una forma canzone fortemente wave. Estremamente interessanti sono i lavori insieme a Holgar Czuckay dei Can: How Much Are They e Snake Charmer (con alla chitarra un inedito The Edge e la sontuosa produzione dello storico dj franco-newyorkese Kevorkian) sono barocchi esperimenti tra dub e spigolosi arrangiamenti kraut che arrivano a sfiorare picchi di proto-dance post-urbana.

Un capitolo a parte meritano i pezzi con gli Invaders Of The Heart: combo di cui Jah è sempre stato anima e cuore e con cui ha incrociato musica giamaicana, jazzy, pop e world fino a creare un intrigante downtempo orientaleggiante in tempi ancora vergini a codesto tipo di suond.

La sua carriera è proseguita fino ad oggi, incontrando quella di tanti altri personaggi alieni ed alienanti, musicalmente parlando: l'esperimento ambient-dub del '95 con Brian Eno (da cui sono tratti Spinner e Left Where It Fell), l'intelligente tentativo di unire i riverberi giamaicani al jazz attraverso le collaborazioni con Pharoa Sanders e Evan Parker e (last but not least) l'omaggio dub-reading a William Blake datato 1996. Tutte collaborazioni ed opere da ricordare e per le quali non saremo mai abbastanza grati a questo geniaccio (ed alla Trojan per averle straordinariamente raccolte).

Unica mancanza: la sublime Higher Than The Sun (A Dub Symphony In Two Parts) insieme a Bobby Gillespie e soci al tempo di Screamadelica, ma è un particolare che non intacca assolutamente il valore di quest'ottima antologia.
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