LE LEGGI DELLA ROBOTICA. Citiamo a memoria le tre leggi della robotica. 1. Un robot non può recar danno a un essere umano, né permettere che a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno. 2. Un robot obbedisce agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla prima legge. 3. Un robot deve proteggere la propria esistenza e integrità, purché questo non contrasti con la prima e la seconda legge.

A queste in seguito Asimov aggiunge una quarta legge, la 'Legge Zero', che gerarchicamente supera le altre tre (che si modificano di conseguenza) e che recita che, 'Un robot non può recare danno all'umanità, né può permettere che a causa del proprio mancato intervento, l'umanità riceva danno.'

Questa veniva introdotta nel momento in cui, dopo la colonizzazione dei dieci mondi spaziali, l'uomo decideva di riprendere a volare nello spazio e espandersi nel cosmo per garantire la propria sopravvivenza come specie e date le situazioni di vita sempre più precarie sul caro vecchio pianeta Terra.

Nella pratica, questa quarta legge avrebbe dato ai robot, anzi a quello che sarebbe divenuto il robot per eccellenza, cioè Daneel R. Olivaw - e dopo aver ricevuto da Giskard le capacità e il potere di percepire direttamente le menti umane e di poter influire su di esse a livello emotivo e di memoria - mezzi e capacità tali da poter vegliare sull'umanità tutta nei secoli dei secoli e di poter garantire e salvaguardare la sopravvivenza e la prosecuzione, lo sviluppo della specie. Nondimeno, Daneel R. Olivaw avrebbe svolto le sue funzioni (sempre nel rigoroso rispetto delle quattro leggi) di nascosto e senza mai svelare né la propria identità né i propri poteri. Questo perché in generale la figura dei robot nel mondo asimoviano, come in quello che ci circonda del resto, non viene sempre vista e percepita positivamente dall'essere umano.

NEO-LUDDISMO. Parliamo in questo caso di una ostilità e di quella che costituisce una vera e propria paura. Non ci si riferisce in tal senso tanto a scenari da immaginario spaventoso e pauroso (penso a 'Visitors', la serie televisiva americana che andò in onda in Italia alla metà degli anni ottanta e che mi terrorizzava) quanto a guardare alle innovazioni nei sistemi di produzione e dei servizi e dove secondo una corrente di pensiero sempre più diffusa, le macchine starebbero sostituendo e/o comunque sarebbero destinate nel tempo a sostituire definitivamente l'uomo.

Seguono quelle che devono necessariamente essere riflessioni attinenti la sfera sociale vera e propria e che sono relative a un fenomeno che in fondo più che futuro, costituisce già presente. Al centro, è evidente, c'è la paura che i robot possano sostituire l'uomo in ogni attività e causando disordini e disagi di tipo sociale (penso alla disoccupazione in primis), secondariamente nel subconscio di ognuno vi è la paura che questi possano un giorno sostituirsi agli uomini in tutto e per tutto: dominarli.

Uno dei termini più adoperati per descrivere questo movimento di ostilità allo sviluppo della meccanizzazione e della robotica è neo-luddismo. Una volontà che, è evidente, riprende quella del periodo dell'industrializzazione e nel quale ci si opponeva strenuamente a quello che fu e divenne il sistema di fabbrica. Oggi come allora, si ritiene che ci toccherà batterci a tutti i costi contro questa robotizzazione e automatizzazione per evitare che questi possano essere portare a estreme e irrimediabili conseguenze.

Un punto di vista, è evidente, assolutamente negativo e cui guardo con un certo scetticismo. Nel senso che non comprendo in toto le ragioni. Fermo restando le attenzioni a quelle che sono in particolare le dinamiche di natura sociale, e che considero una questione sempre e comunque prioritaria, chiaramente non ho alcun timore che un giorno le macchine possano dominare sull'uomo o che questo possa completamente abbandonarsi ad esse, finendo con l'assumere un atteggiamento che potremmo accostare a quello de gli Eloi di H.G. Wells. Al contrario, dico, e se invece queste innovazioni - come dovrebbero - si rivelassero una opportunità. Qualche cosa di positivo che possa invece migliorare la qualità complessiva delle nostre vite.

La mia presa di posizione, dettata da considerazioni di ordine pratico, è che una macchina non potrà mai in tutto e per tutto sostituire un uomo né, attenzione, svolgere con adeguata competenza quella che può essere una stessa qualunque attività lavorativa, soprattutto laddove ci possiamo trovare alla presenza di un lavoratore esperto e formato negli anni e quindi in possesso di una preparazione adeguata. L'uomo è un sistema più complesso di qualsiasi macchina che, per quanti input possa ricevere, ne riceverà sempre in quantità limitata e in un contesto sociale e lavorativo sempre più dinamico e mutevole e dove le parole d'ordine sono 'adattabilità' (spesso intesa e interpretrata purrtoppo in chiave negativa) e autonomia. A parte questo, storicamente, mi sa che il processo di fabbrica qualche contenuto importante alla nostra società lo abbia portato e non mi riferisco solo ai sistemi di produzione, ma anche a quelle che sono dinamiche sociali e del pensiero. Parliamo di qualche cosa che è stato rivoluzionario da ogni punto di vista.

ROBOT & FRANK. La mia, è evidente, si potrebbe definire una visione delle cose in qualche modo ottimistica, ma è bene sottolineare per quanto mi riguarda, che non escludo il sorgere di problematiche di qualsiasi tipo - siano queste di natura sociale, culturale, economica - dico solo che considero l'uomo capace di superare qualsiasi problematica e in questo senso, dato che del resto i processi di robotizzazione e automatizzazione sarebbero comunque opera dell'uomo, di superare se stesso.

C'è una visione ottimistica per quello che riguarda i robot (ma a questo punto anche gli uomini) in generale anche in questo film di Jack Schreier, intitolato 'Robot & Frank'. Il film è uscito nel 2012 e presentato in anteprima al Sundance Film Festival, che per chi scrive è sempre una vera e propria miniera di bei film da guardare, dove ha vinto il premio Alfred P. Sloan, che non a caso, dedicato ai film incentrati sul tema della scienza e la tecnologia, porta il nome dell'imprenditore Alfred Sloan, figura storica per quello che riguarda la General Motors.

I protagonisti del film, che è ambientato in un futuro a noi prossimo e che considererei un'opera di fantascienza leggera, tanto da fare pensare a quello che potrebbe essere benissimo un episodio un po' più lungo tratto dalla serie 'Ai confini della realtà', sono appunto Frank, un anziano uomo che vive in solitudine ed è affetto dai primi sintomini del morbo di Alzheimer, e un robot umanoide, che gli viene regalato dai figli (James Marsden e Liv Tyler) per prendersi cura di lui.

Inizialmente scettico per quello che riguarda la scelta dei figli, con cui non ha mai avuto un forte legame e che gli viene quasi imposta, Frank scoprirà alla fine che il robot è qualche cosa di più di un semplice elettrodomestico oppure di una badante. Il robot, per quanto comunque oggetto di programmazioni e abituato a ragionare secondo degli standard, dimostra di avere delle doti di intraprendenza e di adattabilità a quelle che sono le esigenze di Frank (interpretrato, a proposito, da un ottimo Frank Langella), con la conseguenza che tra i due si instaurerà, a dispetto dell'impossibilità del robot di provare dei veri e propri sentimenti, una amicizia e un rapporto di complicità più forte di tutti quelli Frank sia mai riuscito a ottenere nel corso della sua vita.

Ed è proprio questa complicità, in una trama tutta da scoprire e che a questo punto non vale la pena svelare, che in qualche modo farà scattare una nuova scintilla nel vecchio e burbero Frank e fino a ridargli quella vitalità e quella vivacità che oramai si riteneva perduta e molto probabilmente irrecuperabile in un processo di decadimento del fisico e della mente che appariva irreversibile. Il robot regalerà invece a Frank non tanto una nuova giovinezza, quanto quella forza per continuare a voler vivere la propria vita. Ma non è a questo che in fondo servono veramente gli amici?

ROBOT PER IL SOCIALE. Non si tratta ovviamente di un film dai profondi contenuti esistenziali, ma qualche riflessione per quanto mi riguarda è d'obbligo. Anzi, in questo caso si tratta di considerazioni che sono sorte in me spontaneamente e anche guardando a quelle che possono essere delle situazioni di mia vita personale. Guardando 'Robot & Frank', ho primariamente pensato a mio padre (che tra l'altro ha una certa somiglianza con Frank Langella) e di conseguenza a tutte quelle persone anziane che sono sole oppure che, con il pensionamento, si sentono in qualche modo smarrite e perduta quella 'routine' - talvolta, spesso, quasi sempre pure forzata - che costituiva nella pratica la parte integrante della loro esistenza, cominciano allora per davvero quel processo di invecchiamento che oggi appare in qualche modo procrastinato rispetto a quelli che potevano essere anche solo cinquant'anni fa.

Senza entrare troppo addentro nelle mie vicende personali, mio padre ha 61 anni. Colpito da un infarto lo scorso settembre, ma per fortuna ripresosi e adesso in buone condizioni di salute, da allora ha in qualche modo cominciato a subire gli effetti di quello che potremmo considerare l'invecchiamento. Questo in un'età, se vogliamo, ancora relativamente giovane per gli standard contemporanei. Dopo il brutto colpo subito nel mese di settembre, questi ha tuttavia ripreso a lavorare, seppure riducendo in qualche modo i suoi tempi di lavoro e limitandosi in quelle abitudini ricorrenti che si considerano da evitare per chi è stato colpito da un infarto (ma anche no) come bere alcolici e/o fumare.

Non considero naturalmente tutto questo in maniera negativa. Ritengo che questi limiti che si è dovuto dare siano qualche cosa di inevitabile, ma a fronte della possibilità di vederlo smettere del tutto di lavorare o comunque di vivere una vita 'costretta' e privata di quelle che sono sempre state le sue abitudini, mi domando quanto questo possa effettivamente giovare alla sua salute e se invece non acceleri un processo di invecchiamento. Così come in molti casi succede per quello che è il pensionamento, che senza volere fare mie filosofie di pensiero che vorrebbero privare della pensione chi ha lavorato tutta una vita, è evidente che in molti casi si riveli qualche cosa di deleterio. Il punto chiaramente è che molto spesso, ma io dico quasi sempre e badate questa volta mi riferisco anche a me stesso e nonostante anagraficamente io sia ben lontano dal poter essere considerato anziano, la nostra vita viene assorbita da dei meccanismi che sono, ecco, automatici. Tanto che diveniamo noi stessi dei robot, quei robot che tanto ci potrebbero spaventare per le ragioni già prima accennate.

Schiavi di una routine e di delle regole che ci vengono imposte oppure che decidiamo di imporci, diveniamo poco flessibili e l'alterazione di questo equilibrio può diventare in molti casi qualche cosa di difficilmente superabile, soprattutto chiaramente se subentrano, ma come è spesso inevitabile in questi casi, realtà come la solitudine oppure l'isolamento.

La questione è naturalmente molto lunga e meriterebbe di essere discussa ampiamente e da diversi aspetti e punti di vista. Però se ripenso a quello che dicevamo prima sui processi lavorativi ad esempio, ed il lavoro, è inevitabile, costituisce per forza una parte centrale nella vita di un individuo, quindi per quello che riguarda le nostre vite e in una società dove i tempi sono sempre più ristretti tanto che molte volte sembra quasi di soffocare, allora penso che forse tutti noi avremmo bisogno di un 'robot', cioè di qualcuno che si prenda cura di noi - che, anzi, ci dica e ci faccia capire che dobbiamo prenderci cura di noi stessi e della nostra vita. Perché del resto, se non lo facciamo noi stessi da soli, non ci sarà mai qualcuno che potrà pure volendo farlo al posto nostro. Magari in questo caso, ecco, un fattore già richiamato come l'anzianità non c'entra poi più di tanto. Parlerei invece di 'vecchiaia', ma questo perché puoi essere oppure sentirti vecchio anche a trent'anni.

Carico i commenti...  con calma