Da bambino lo detestavo, per via del grande clamore che suscitò all'uscita e la passione smodata per DiCaprio nelle compagne di scuola. Una quindicina d'anni dopo l'ho rivisto a spizzichi e bocconi e ne ho apprezzato la critica sociale e la stigmatizzazione delle differenze di classe. Ora, a vent'anni dall'uscita, l'ho rivisto tutto con attenzione, l'hanno dato in tv in due puntate.
Pur trovando conferma della potenza visiva nella realizzazione tecnica e scenografica, l'ho trovato un film goffo sotto molti punti di vista. È sicuramente una tragedia che si dispiega in tutta la sua minuziosa complessità, ma per molti aspetti siamo di fronte a un melodramma grossolano.
Sono grossolani i personaggi: macchiette bidimensionali con uno o due tratti al massimo. Sono barocchi e ad effetto i dialoghi, con tanta retorica sia da parte dei ricchi nobili sia da parte dei poveracci. E la disamina sulle ingiustizie sociali, per quanto apprezzabile, è tirata in lungo e in largo giusto per dare un contenuto in più al mero spettacolo catastrofico. Ma non c'è un'elaborazione d'autore particolarmente interessante su tali questioni. A volte prevale l'egoismo dei ricchi, altre sembra affermarsi la propensione all'umanità. Insomma la visione è caotica quanto l'affondamento della nave.
E allora resta giusto la messa in scena, davvero grandiosa, della catastrofe, resa con grande precisione in tutti i suoi passaggi, anzi quasi eccessivamente ricca e complessa. Suggestive in particolare le scene nei corridoi dei bassifondi del Titanic, che progressivamente si riempiono d'acqua.
Lo stile è massimamente enfatico, come didascalico è il copione. Musiche ridondanti accompagnano iperbolicamente tutti i passaggi della vicenda, per essere certi che allo spettatore non sfugga proprio niente. Eppure non si tratta certo di trame sottili. Siamo di fronte alla più semplice delle storie d'amore e ribellione rispetto alle muffose imposizioni genitoriali.
Quindi, pur avvantaggiandosi di effetti speciali concreti e poca grafica al computer, si tratta di un film che anticipa ed è un po' summa di tanti aspetti deteriori dei kolossal hollywoodiani degli ultimi due decenni.
Con più eleganza, ma anche meno spunti di divertimento puro e tanta, troppa melassa. Un cinema potente ma rudimentale nelle sue istanze, ripetitivo, didascalico. Duecento milioni di dollari spesi oculatamente, con l'obiettivo di piacere a tutti, e così è stato. Ma dopo vent'anni, guardandolo con lucidità e distacco, si resta meno sbalorditi dalla grandeur della messa in scena della catastrofe e più annoiati dal dispiegarsi pachidermico della narrazione. Grande lavoro tecnico nell'uso degli scenari e dell'acqua, ma anche tanti ricami barocchi. Un'enfasi che pare teatrale in certi dialoghi, eppure il dramma dell'affondamento è ben comprensibile anche senza sottolineature.
La morte di Jack ha scontentato tutti. Perché? A mio modo di vedere perché il film non poneva le premesse necessarie. La tragedia c'è ma non era preventivabile per i due innamorati che riescono a superare infiniti ostacoli. Era impensabile che uno dei due morisse, dopo tutto quello che passano per scamparla. Non puoi ammorbarci con due ore di acqua e roba che va a pezzi e poi manco la soddisfazione di saperli salvi. Una storia d'amore retorica doveva finire in modo altrettanto retorico.
7/10
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