Non poteva proprio mancare nella collana "Traditional Jewish Music" di Tzadik un omaggio a Bob Dylan, probabilmente uno dei songwriter piu' prestigiosi di tale estrazione (in realtà la lista è lunga, tra Leonard Cohen, Lou Reed, Serge Gainsbourg, Marc Bolan, Burt Bacharach sembra proprio che il talmud in effetti ben si concili con lo scrivere canzoni).
Alcune canzoni del caro vecchio Bob vengono in questo disco rivisitate in chiave trio jazz con tastiere, basso e percussioni nell'ordine da Jamie Saft, Greg Cohen e Ben Perowsky (sì è proprio lui, il "Jamie Saft Trio", che l'anno scorso ha sfoderato pure una magistrale interpretazione dei pezzi del Masada Book 2 in "Astaroth"). La scelta privilegia pezzi piuttosto oscuri ai fan non accaniti. Probabilmente le uniche due canzoni un po' conosciute sono "Dignity" e "Ballad of a thin man". In questo modo viene rivalutato un aspetto da molti sottovalutato di Dylan, da molti ritenuto solo un autore geniale di testi. Invece pure le melodie meritano spesso di per sè, e si prestano inaspettatamente a condurre una seconda vita separate dal testo della canzone e usate come base per improvvisare.
È interessante un'osservazione di Saft nelle note di copertina, secondo cui Dylan può essere considerato a tutti gli effetti un musicista-improvvisatore per la grande flessibilità con cui cambia gli arrangiamenti della stessa canzone, mostrandone sovente facce inaspettate. Approccio più jazz che rock da questo punto di vista. Strepitose pure le due voci ospiti, Mike Patton che canta cavernoso "Ballad of a thin man" e Antony che quasi mi stupisce con una sorta di ragtime blues in "Living the blues". Tutti gli altri pezzi sono in versione solo strumentale. Fra tutti i tributi a Dylan che sono usciti questo è probabilmente uno dei più originali ed inaspettati che mi è capitato di vedere.
Jazz-Blues di gran classe a prescindere.
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