Jamiroquai a Genova? Vuoi dire che qualcuno ci fila? non posso mancare... E così mi ritrovo all'Arena Del Mare, cornice suggestiva a questo evento, ricavata nella zona della fiera di Genova, ad un passo dal mare, appunto.
Dopo aver difficilmente digerito il costo del biglietto (30 EURO) arrivo davanti al palco, non ci sono band di supporto ma solo una insopportabile ed assordante musica House che dava modo di scatenarsi nelle danze alle numerose fanciulle presenti in loco e non solo. Mezz'ora di ritardo, e così alle 21.30 circa si spengono le luci ed assisto ad una intro fatta di suoni elettronici molto adeguati all'atmosfera. I musicisti fanno il loro ingresso sul palco acclamati dal pubblico, ed è sulle prime note di "Canned Heat" che il carismatico Jay Kay fa il suo ingresso in scena.

Il clima diventa rovente, tutto il pubblico è subito travolto dal groove della band e si lascia andare in danze più o meno riuscite. Il frontman della band non è da meno, e si dimena (come farà per tutti i 105 minuti della performance), prodigandosi in salti molto spettacolari (e pericolosi per i suoi denti) e pose al limite del comico. Il pubblico è in delirio, un breve stacco in cui Jay saluta Genova e dice qualche frase che solo pochi eletti hanno avuto il privilegio di comprendere ed ecco arrivare in rapida successione due vecchie hit, "Space Cowboy" e "Cosmic Girl". La band, composta da sei membri (incluso Jay) e tre coriste, si dimostra più che all'altezza del compito, ed è così che, aiutati anche da dei suoni perfetti, ogni singolo artista ha modo di mettersi in evidenza per la buona tecnica, e anche la presenza scenica, sebbene offuscata dall'irrefrenabile cantante, faceva da buon contorno all'insieme.
Eccezionale la tecnica vocale delle tre coriste nere, che con le loro voci così tipicamente "black music" figlie della grande Aretha hanno toccato livelli artistici elevati.
Il concerto va avanti senza intoppi, passando per i suoni più elettronici dell'ultimo album "Dynamite" senza mai però dimenticare le vecchie glorie, come "Alright", figlia della mente geniale dell'ormai da anni ex-bassista Stuart Zender.
Il folletto col cappellino verde ci regala anche un simpatico siparietto durante una parte strumentale, calciando tre volte un pallone da calcio lanciatogli sul palco dai fans (seminando il panico tra gli addetti alle luci fronte-palco, i cui riflettori da migliaia di Euro sono stati mancati di una manciata di centimetri in due occasioni su tre).
La qualità coreografica del concerto si innalza ulteriormente sulle note iniziali di "Use The Force", durante le quali il buio è spezzato dalla spada laser (o per i comuni mortali, un neon) blu brandita dal caro Jason. Si attinge anche dal primo album, ed ecco la title track "Emergency On Planet Earth", seguita a ruota da un'altra title track, "Travelling Without Moving".

Il pubblico non è sazio, ma sulle prime note della famosissima "Virtual Insanity" si comincia a capire che lo show a breve finirà. E dopo una sfilza di applausi ecco sparire dalla scena i nove musicisti. Possibile che un gruppo si astenga dalla ormai prassi comune di salutare, lasciare il palco e poi tornare, "a sorpresa"? Certamente no. Ed è con grande piacere che noi tutti abbiamo potuto assistere all'ultima canzone della serata, la groovy "Deeper Underground", gradita da tutti tranne che dai nostri organi interni, sconquassati dalla potenza dei bassi del synth di Matt Johnson sulle note più gravi. Ora se ne sono andati sul serio. Io mi giro e dico ad un mio amico: "Che grandissimo concert..."; mi interrompo: di nuovo quella maledetta musica House...

Carico i commenti...  con calma