"Dopo vent'anni perfino la merda diventa leggendaria". Un'onestà estrema nell'esporre un'intransigenza assoluta a qualsiasi forma di patteggiamento nei confronti della menzogna che dovrebbe essere presa come esempio definitivo di purezza della libertà, contrapposto al subdolo tarlo della routine dell'influenza di una coercizione dittatoriale che mira senza pietà alla distruzione psichica della parte umana di ognuno di noi: "Ho infine maturato la certezza che è possibile correre tutti i rischi della libertà, ma che quello della sua assenza non è sopportabile".
La persecuzione operata chirurgicamente nel corso degli anni sulla sua famiglia, su di lui, su un'intera generazione, su una nazione, il conformarsi alla stortura per convenienza, per noia, per abbaglio, per disperazione, non trova campi fertili nell'autore che dritto come una spada difende fino alla morte l'ultimo baluardo di purezza che ci consente di vivere: "Dopo quasi trent'anni di mestiere posso tradurre perfino quello che nessuno ha mai scritto".
Il dialogo di libertà, dove quando si indirizza verso il controllo della stessa, deve essere reiterato di continuo per mantenerlo sulla strada della libertà. In maniera spietata Zabrana sputa luce sul veleno del regime che confida nella costanza della disintegrazione dei diritti inalienabili dell'uomo: "Questo regime di assassinî, di menzogna, di sotterfugio, questo regime di abbrutimento programmato non cadrà... Morirò nella Storia falsificata".
Il disadattamento è servito immediatamente a spada tratta nel dire no allo stupro reiterato che ci fa capire che la vera rivoluzione, per un cambiamento concreto, non passa per dialoghi e trattative, ma passa solo per il sangue. E il richiamo alla suprema Giustizia è gridato per tutto il libro scoperchiando lo schifo della miseria dei molti che patteggiano favoretti con la Bestia, illudendosi di scamparla in qualche maniera: "Basta che un regime poliziesco rimanga vent'anni al potere per rendere tutti suoi complici. Perfino le vittime".
Ma le constatazioni dell'autore ci fanno assaggiare l'amaro dell'oscenità della verità dove tutte le dissertazioni filosofiche sono il coagulo del sangue sulla faccia, dopo i pestaggi reali e psichici subìti. Non si salva né capra né cavoli nella lotta nello scoperchiare menzogne dove darsi una investizione di santità è "obbligatoria" nel combattere l'inquisizione, in qualunque forma essa si manifesti.
E per concludere la vera resistenza la possiamo trovare solo col lanternino di Diogene e possiamo con sicurezza affermare che con Zabrana un Uomo lo abbiamo trovato: "Segnare per la squadra dei vinti... Che altro è la mia vita da quando avevo diciassette anni se non l'eterna volontà di segnare per la squadra dei vinti?"
Orsù dunque...
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