Il Genio. Dicendo questo, a Napoli, si intende, in senso ampio e generico, la voglia, di qualsiasi cosa. E i Japandroids, duo canadese (chitarra martoriata/batteria), con "Post Nothing", prima, e con "Celebration Rock", ora, sono il migliore esempio di gruppo che la voglia, o' ggenio, non può fare a meno di fartela venire.

Ma voglia di che, poi?

Sin dal primo ascolto di "Nights of Wine and Roses", si sente irrimediabilmente il bisogno di abbandonarsi ad un sing along naturale, spontaneo, stonato e totalmente fuori luogo. Si ha voglia di celebrare la propria giovinezza, che diviene, per tutta la durata dell'album, un valore da riprodurre ed adorare a pieno e senza riserve, perché, sembra quasi dirci "Younger Us", il tempo passa ed è meglio accumulare quanti più ricordi possibile, prima che la voglia di strillare non ci sia più. Così, per trentacinque minuti, tra cori facilmente canticchiabili in strada e paurose impennate, che confinano, da una parte, col noise, e, dall'altra, col punkgaze (che cacchio è 'sto punkgaze, poi?) a-là No Age, si viene coinvolti in un rumoroso party, pieno di sudore, tassi alcolemici sopra la media, e, ma sì, facciamo un po' i patetici, emozioni e ricordi che vanno preservati dal passare del tempo.

E il merito dei Japandroids è proprio questo: fare, naturalmente e sinceramente, riferimento a un immaginario di cui difficilmente si tende a far parte senza un minimo di vergogna, e, nel farlo, fuggendo ogni stereotipo; e nonostante le otto tracce suonino tutte simili e pecchino un po' in inventiva, ti fan sentire giovane e bello. E, una volta tanto, non c'è niente di male.

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