A New York la neve è soffice, candida, le signore girano impellicciate su scarpette eleganti e leggiadre. A Sarajevo no. A Sarajevo la neve è sporca, fredda, le ragazzine girano coi calzoni inzuppati fino al ginocchio.
A New York i grattacieli sono luminosi, le strade pulite, le macchine lucide e lussuose. A Sarajevo no. A Sarajevo l'architettura è grigia e squallida, le strade dissestate, le auto antiquate e danneggiate. E' in questa Sarajevo che Esma, bosniaca, vive con sua figlia Sara, adolescente, vivace, selvaggia.
Esma lavora come cameriera in un fumoso e losco locale e si adatta a fare qualche piccolo lavoro di sartoria per arrotondare. La scuola di Sara organizza una gita: chi volesse partecipare deve pagare duecento euro (e per un bosniaco duecento euro sono una cifra!). I figli dei caduti in guerra, dei "martiri", come vengono definiti, hanno la possibilità di parteciparvi gratis, a condizione di presentare un documento che certifichi, appunto, l'identità del padre.
Sara è felice. Lei e sua madre Esma non sono ricche: normalmente non potrebbero permettersi di pagare una cifra così esorbitante per un viaggio, ma sa di non avere questo problema: presenterà il certificato e allora per lei il viaggio sarà gratuito. Va fiera del fatto che suo padre è un martire, un difensore della Bosnia, un vero eroe. Esma è una donna come tante. Ama sua figlia, fa qualsiasi sacrificio per fare in modo che la ragazza veda soddisfatti tutti i suoi desideri. Ma ha un segreto. Un segreto inconfessabile, di cui paradossalmente si vergogna e che per nulla al mondo svelerebbe a sua figlia. Fino a quando, a pochi giorni dalla gita, Sara comincia a diventare insistente, a pretendere da sua madre il certificato di morte del padre. Esma fa di tutto per racimolare i soldi, chiede un prestito ad alcune amiche. Paga il viaggio.
Sara, è una ragazzina sveglia e sa di aver diritto al viaggio gratis. Il fatto che la madre abbia pagato la insospettisce. Diventa insolente, ribelle, pretende una spiegazione. Arriva a minacciare la madre in maniera molto violenta: vuole sapere chi è suo padre. Esma è esasperata, ferita, arrabbiata. Aggredisce sua figlia, scarica su di lei la sofferenza repressa per tanti anni, la frustrazione, la tragedia che l'ha colpita, le urla in faccia la verità. Sara è il frutto di uno stupro. Nel suo villaggio, Grbavica, Esma subì uno "stupro etnico" da parte dei serbi. E' un colpo tremendo per la giovane, che aveva sempre idolatrato un padre mai conosciuto, idealizzato e reso eroe e martire nella sua fantasia. Scopre di avere sangue serbo, l'odiato sangue serbo. Ma percepisce anche il profondo amore di sua madre, che l'ha cresciuta covando in sé questo terribile segreto, donandole tutto l'amore che una madre può dare alla propria figlia.
Il Segreto di Esma non è semplicemente un film: è uno spaccato di verità. A due ore d'aereo da Roma, a poche centinaia di chilometri dalle nostre coste esiste una realtà in cui Esma non è il personaggio di un film. Esma è ogni donna bosniaca, ogni donna kosovara, ogni donna che ha subito l'orrore della guerra e dello stupro etnico. Esma e Sara sono tutte quelle donne, giovani e meno giovani, che cercano di sopravvivere in una situazione che definire "difficile" sembra sminuire la realtà dei fatti.
Crudamente realitstica e magistrale l'interpretazione di Mirjana Karanović nel ruolo di Esma e stupefacente la giovane Luna Mijović nel ruolo di Sara. In questo film non ci sono bellezze sconvolgenti, non ci sono dive patinate e impeccabili, non ci sono effetti speciali né trucchi. Anzi, le attrici recitano per tutto il film senza un filo di make-up, esattamente come una donna è nella vita di tutti i giorni. Esma è la donna, non bellissima, non fisicatissima, della porta accanto. Sara è l'adolescente dagli occhioni azzurri e malinconici che vediamo tutti i giorni tornare da scuola. In Bosnia non c'è spazio per l'illusione, neanche nel cinema e la regista Jasmilia Zbanić sbatte in faccia a noi, opulento Occidente questa dura realtà. Non lo fa con l'intento di crearci sensi di colpa: semplicemente per dire "ecco: questa è la realtà che vi sta accanto: questa è la Bosnia".
Particolarmente shockante la sequenza in cui Sara bigia scuola con un amico e va a bighellonare tra i resti di un palazzo bombardato: ad un tratto il ragazzo chiede: "sei mai stata al di la delle transenne?"
"Sei matto? - risponde la giovane - di la ci sono i cadaveri!"
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