Gran giocatore Dražen Petrović, ma come tutti quelli che si dedicano da soldatini ad una cosa, l'intransigenza della disciplina ottusa del piglio militaresco si ripercuote spesso anche sulla sfera morale, anche se stiamo parlando di uno che è stato l'unico a riuscire a marcare Michael Jordan.
Ed ecco che la propaganda col suo lavaggio di cervello infetta la logica e la discriminazione fa la sua comparsa. Da amici che erano con i compagni serbi, compagni di stanza addirittura, le ragioni ufficiali nazionali plasmano il cancro ancora ben radicato dell' "occhio per occhio, dente per dente", e da un giorno all'altro l'amico fraterno diventa nemico. Cose dannatamente attuali di questi tempi.
Non c'è che dire, siamo tutte delle "belle persone" che la sera davanti allo specchio ci diciamo quanto siamo stati buoni, pieni di buoni propositi, e se abbiamo un difetto è che siamo troppo buoni, al massimo ci mangiamo le unghie... Disgustoso. Ma basterebbe così poco nel vedere che siamo in balìa degli eventi, ma la verità ci fa male (lo so). Pur di avere ragione a tutti i costi mascheriamo nefandezze con religione e ideologie: A spada tratta! Dio lo vuole! Sempre duro! Solo disastri...
E gli strascichi della violenza il film ce li propone assurdi, ma veri, quanto è vero Iddio. E l'humour nero inglese, manipolato da Jasmin Dizdar, sguazza in un revisionismo cinico di se stesso, dove la risata a denti stretti è un ghigno inesorabile che orrorifica lo "show must go on". E le fanfare, il meno amaro retaggio ottomano, soffiano negli ottoni una frenesia inarrestabile dove i paraocchi del vortice ritmico inseguono il bersaglio della beffa della vita.
Il Kusturica paraculamente epicizzava verso la fine di "Underground" la faida ex jugoslava, ma la frittata è molto più indigesta che uno pseudo "amarcord" artistico della faccenda: la vita non si fa con la vita Emir, e il cinema non si fa col cinema. Meno male che robe come "La Polveriera", "Prima della Pioggia", "L'Eternità è un Giorno" e, perché no, il nostrano "Elvjs & Merilijn" vanno a braccetto nella loro crudezza con la zuppa d'ortiche girata in terra d'Albione.
In quel 1992 un rancore secolare di vendette è esploso con una miccia ormai accorciata da esterne "diplomazie" che ha deflagrato morte isterica aiutata da energie balcaniche, alzando di un Bel-grado turbamenti e pazzie della natura selvaggia di quella terra.
Qua in Boemia ho conosciuto e lavorato con diversi "figli di Tito". Mi ricordo Bobo, macedone, abbiamo lavorato insieme, poche parole, sorrisi rubati, occhi stanchi, spenti. "Come è andata da te quando c'era la guerra? Abbiamo ripulito il paese"... ha risposto. Niente altro. Rade, di Skopje, è quasi un fratello per me, ne abbiamo passate insieme, solo che io venivo da una realtà italiana e lui, quando è iniziato il casino, è scappato a Praga con tutta la famiglia e una bambina appena nata. Altri incipit.
Altri conoscenti serbi, croati e bosniaci con i segni di chi vuole dimenticare quello che non si può dimenticare, con quei lineamenti scavati, con quelle facce da uomo già a vent'anni, come i nostri nonni. E quando sapevano che ero stato (nel 1992, guarda un po') a Petrič da Baba Vanga, la chiaroveggente bulgara, sinceramente commossi mi prendevano le mani, pregandomi di accendere un cero e di dire una preghierina per loro.
Ed ecco che lì quando vedo usato "molti nemici, molto onore", che molti vigliacchi usano alla leggera palesando insicurezza e incoscienza, queste persone non sanno minimamente che una guerra, specialmente etnica, è un orrore indicibile. Molta strada davanti a noi, molta...
Hooligans redenti per forza; carte verdi che non ti faranno più uccidere innocenti; non si casca più dal Pero; si cerca di abortire stupri; si è assuefatti dalla potenza della vita, privata della speranza di vivere; ci si picchia amici-nemici per disperazione. Tutto buffo e terribile: Viva gli sposi!
La vita alfine ritorna normale... Normale?
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