Saranno trascorsi otto, nove anni dall'ultima uscita ufficiale di Jason Ringenberg nella configurazione Jason & The Scorchers. Questo album di ritorno è una piacevole serie di occasioni ottimamente raccolte per un rilancio che non sapesse di tanto per. Ne sentivo il bisogno. L'ensamble proviene da Nashville e già questo è quanto basta per capire che i cappelloni e i capelloni appartengono a braccia divise tra bucoliche gesta e produzione di musica ad alto tasso alcolico per cowboys. Che oggi suona attuale e prodotta come il dio dei campi comanda, trasportando un mondo che alle volte può sembrare ostico e arretrato, in linea assoluta con l'epoca che stiamo vivendo. Insomma, questo Halcyon Times è un disco del 2010 a tutti gli effetti.
La cosa che più mi ha sorpreso è la freschezza della musica proposta da Ringenberg & co, assolutamente vitale, naturalmente legata ai suoi stilemi conservatori country ma anche, come al solito, infangata dalla matrice ribelle che da sempre caratterizza i lavori dei nostri: il punk. Trattasi, quindi, di opera cowpunk a tutti gli effetti, che si dimena imbufalita e gentile tra asperità e dolcezza, tra velocità e tempi che guardano ai '50, ai '60 e ai '70, tra una grande voglia di esserci ancora e la necessità di dire "presente", in ogni senso. La voce di Jason ci sta come due cubetti di ghiaccio in un Southern Comfort con scorza d'arancia, sempre pulita e potente, in un certo senso onesta, che trasporta le maggiori vocalità della capitale del Teenneesee in direzione Joey Ramone. C'è poco a che fare con il genere psychobilly ma in certi frangenti se ne possono saggiare i riverberi acidi e ossessivi. Ma sono sfumature. Il discorso si articola lungo l'asse della potenza sonora che non serve a coprire quella che alcuni maligni profetizzavano come mancanza di idee, ma solo a irrobustire un disco in cui chitarre, basso e batteria sono interpreti di un articolato livello compositivo. La linearità delle melodie middle U.S.A. viene corroborata da una sezione ritmica che ama intarsiare ogni singolo passaggio, si diverte a cesellare riff scalari e spesso selvaggi, si abbandona alle pletterate decise delle ballads che non cercano la lacrima ma vogliono solo esaltare il valore dell'autostima di un cowboy sentimentale. Non c'è comunque da temere: le ballate sono davvero ridotte al minimo e sono sempre seguite da brani che aizzano, incendiano, lanciano il sasso e raccolgono tanti cerchi concentrici di apprezzamento. Si tratta di un album che fa ballare e sculettare, fa venire una gran voglia di bere, impugnare una chitarra e cantare squarciagola. Halcyon Times è un lavoro che ti fa sorridere intimamente quando ne cogli anche gli spunti blues, springsteeniani, i riferimenti agli spostamenti di popoli, i cromatismi da copertina perfettamente evocati a livello sonoro.
In sintesi, un gran bel discone, che entra nel mio podio personale di quest'anno di merda in cui l'allegria ha fatto apparizione in extremis proprio grazie alla genuinità affidabile e sicura di questa operetta per una eventuale confraternita del vino.
Carico i commenti... con calma