Washington District of Columbia, (stupefacente) anno di grazia: ninety-two.
Jawbox: classico rock-quartetto (nella forma, non nei contenuti) composto da doppia chitarra (di cui una, voce), basso (presieduto dalla femminea Kim Coletta) und batteria; una tra le più agili, intriganti, intelligenti realtà, fuoriuscite dal ricco cauldron Dischordiano di quegli anni.
Musicalmente accostabili alla folta schiera indie/punk a stelle e strisce, trainati da ex membri di indubitabili realtà underground statunitensi, quali i disciolti Government Issue, furono tra i pochi e felici prodromi (Nation Of Ulysses e i fenomenali Shrudder To Think li precedettero giusto di qualche mese) a saper lucidamente ipotizzare et compiutamente mettere pentagrammaticamente in atto, una tra le più credibili et possibili intriganti “vie di fuga”, in un ben definito suono in via di continua e (in)compiuta trasformazione/mutazione (talvolta fossilizzazione) come quello Post-Punk/Hc.

Un suono/struttura di base sempre e comunque vigoroso, tagliente, simil Helmet-iano (Strap it On-periodo...) ma talvolta meravigliosamente e non stucchevolmente (questo, l’autentico miracolo) POP (in senso trasversale, of course): linee vocali riconoscibilissime e inaspettatamente trascinanti nonché spesso godibili et aggraziate (per il de-genere, obviously). La triade iniziale appare indubitabilmente, in senso meravigliatorio, da panico assoluto: “Cutoff”, composta da nervosi/scattanti chitarrismi vorticosamente/insistentemente circolari e da agilissime, ancorché irsute (quasi a voler stendere un contiguo trait-d-union con il materiale contenuto nel predecessore e debutto assoluto, “Grippe”, anno 1990) linee vocali, proclama la proemiale istanza del nuovo corso Jawboxiano. A seguire la fulminea “Tracking” e la successiva “Dreamless” configurano in senso a-scanso-equivocatorio, le Novelties-coordinate melodicamente/aggressive dell’opera presa in esame: sezione ritmica implacabilmente irsuta, ma mai monolitica, ritmi non parossistici, volutamente “moderati”, insospettabili armonie ritmiche e soluzioni timbriche (a misero parere di chi de-scrive) elegantemente quanto post-Fugazianamente scorrevoli. Notevoli sonori frammenti degni di menzione (girato l’incartapecorito vinile...) paiono risultare la brevilinea e scattante “Chump”, e la successiva “Send Down”, parecchio rovinosamente et quasi apocalitticamente diretta (ancorché riuscita), nonché tendenzialmente rimandante ai primi vagiti (memore della Government Issue-scuola), della Jawboxiana sonica felice adventura.

“Novità” (minore, ma sempre novelty) misconosciuta ai più, quanto densa di fondamentali audio-requisiti per apprendere (a posteriori) le istanze “progressiste” del vivido suono Washingtoniano, indi conseguentemente del fertile/fitto (e talvolta, a posteriori, ignobile) proscenio overground instauratosi negli anni a seguire.

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