Lavoro a suo modo interessante e originale, questo "Poison" del 2001.
Jay-Jay Johanson ha forgiato un album malinconico e introspettivo, prendendo a prestito sonorità e ritmiche (allora) attuali e "cool" (trip-hop, dub e affini) e rimescolandole a melodie dal sapore anni '50 (C.Aznavour, Brassens, Piaf etc.) vagamente jazz, il tutto retto dalla sua voce struggente e delicata, che ricorda spesso e volentieri le timbriche di Morrisey o Marc Almond, tanto per citare i primi che mi vengono in mente.
Su tutto poi, aleggia un senso di cupa e malinconica rassegnazione, ideale colonna sonora di un b-movie in bianco e nero (la citazione Hitchcockiana della copertina forse non è casuale) o di un pomeriggio grigio e piovoso osservato dal vetro gocciolante di una finestra. Intendiamoci: niente di estremo o disperato, non invita certo al suicidio ma, semmai, a prendere le cose con distaccata leggerezza.
Di lui poi ho perso le tracce, se non che l'altro ieri, dal mio "pusher musicale" di fiducia, casualmente ho ascoltato il suo ultimo CD in offerta (10€) e non mi è piaciuto per nulla: mi è sembrata la stessa parabola discendente che ha subìto Jimmy Somerville, con uno o due lavori belli e poi il nulla. Destino comune a molti cantanti e band, anche da riscoprire o perlomeno da "portare alla luce" per le prossime generazioni. Qualcuno li recensirà mai queste "perle nascoste"? Chi aderisce lo dica, io ci sto'!
Carico i commenti... con calma