Se c’è una cosa che amo è andare in luoghi dove non conosco nessuno.
Adoro andare in bar e locali dove, lubrificata da stimolanti libagioni, la mia mente può fantasticare sulle persone che incontro, immaginandone le vite e intuendone le abitudini.
Cerco insomma di captare frammenti di discorsi, osservare posture, spulciare camminate e vivisezionare movimenti.
Vicino al fiume che taglia la città in cui vivo, c’è un posto perfetto per crogiolarmi in questo vizietto: una Bocciofila. Raramente vi incontro persone di cui so già vita, morte e miracoli e, in più, offre il vantaggio, essendo la clientela che la frequenta piuttosto avanti con gli anni, di darmi un ampio spettro di vita sulla quale esercitare la mia bislacca fantasia.
Ricordo un signore che vidi parecchie volte e che catturò fin da subito la mia attenzione: sempre in disparte e molto ben vestito, viso accuratamente sbarbato, aria malinconica e movimenti essenziali e ponderati. Aveva un non so che di aristocratico e distaccato che risaltava nettamente rispetto al modus operandi degli altri clienti.
E poi un pomeriggio (ma forse era una sera) un amico di quel signore (mezzo alticcio e assai caciarone) si sedette al tavolo con lui e, insieme, snocciolarono aneddoti della loro giovinezza: e che aneddoti! Rocambolesche avventure amorose, vendemmie pirotecniche, gare in barca sul Ticino.
Insomma, il “mio” altero nobile decaduto era stato un Arlecchino buontempone e scavezzacollo dedito, per dirla con Thoreau , a “succhiare tutto il midollo della vita” come un fervido crapulone.
Proprio come quel signore, Jean Cocteau ha vissuto gran parte dell’esistenza come un istrionico primattore sulle tavole di un palcoscenico festoso e coloratissimo: di natali assai privilegiati, la sua immissione alla cerchia letteraria e artistica della Parigi della Belle Epoque è avvenuta ben presto e in modo, per così dire, del tutto naturale.
Attore, poeta, pittore, animatore, drammaturgo, romanziere, presentatore, mediatore tra le arti; il paradigma vivente dell’attivismo e della multidisciplinarietà che ha caratterizzato la figura dell’artista nei primi decenni del ‘900. Una fame insaziabile e inesauribile di stimoli e conoscenze che lo ha portato, dopo la Seconda Guerra Mondiale, a cimentarsi anche con la professione di regista cinematografico.
Ma, forse, proprio questo suo continuo destreggiarsi tra mille opere da fare, mille impegni da onorare e mille rapporti da coltivare, ha nuociuto, sotto il profilo qualitativo, alla sua produzione artistica che è stata senz’ altro di alto livello, ma come romanziere non è stato Proust (o Gide), come pittore non è stato Picasso, come poeta non è stato Apollinaire (o Eluard o Prévert), come attore e drammaturgo non è stato Artaud e via discorrendo.
E poi, nel 1954, all’età di 65 anni Cocteau pubblica “Clair-Obscur ”, raccolta di poesie.
Com’è strano leggere quest’opera!
Cocteau, da sempre agitatore di folle, fomentatore di provocazioni, ricercatore di novità, assume quì la compostezza e la semplicità di un moderato simbolista che, attraverso immagini semplici e idee essenziali, siede al tavolo di una Bocciofila e lascia intuire lo struggimento e lo spleen di un uomo invecchiato.
Componimenti brevissimi (parecchi non superano le due quartine), levigati e rotondi che, se paragonati ai lavori giovanili, hanno un’immediatezza e una linearità davvero sbalorditiva.
Non mancano riferimenti a simboli e personaggi della letteratura classica e proprio per questa ragione, oltre alla già accennata fugacità, richiamano in qualche modo le creazioni del primo Mandel'štam, poeta ebreo-russo e vertice, assieme all’ Achmatova, dell’Acmeismo.
Se Mandel'štam però dal pregiato legno del classicismo traeva piccoli manufatti dalle sagome precise e definite in cui si diradavano le nebbie del Simbolismo e la mano del poeta era “invisibile”, Cocteau costruisce le sue miniature con il cuore turbato, mettendo in discussione tutta la sua vita e dando la netta sensazione che, in qualche modo, sia pervaso dal grande rimpianto di una vita sprecata, di un’opera artistica fortemente incompleta.
Contro ogni previsione, Cocteau si presenta come uno sconfitto. “Clair-Obscur” , ma le ombre sono assai più che le luci, come è del resto naturale e comprensibile per una persona che (fatto non esattamente secondario) senta la propria vita sfuggirgli.
Però, proprio per questo motivo, proprio per il fatto di mostrarci senza filtri e senza inutili orpelli il cuore gonfio di angoscia e paura, questa raccolta di poesie acquista un valore e una grazia preziosi e struggenti.
In questo libro non ci sono immagini ardite o versi strabilianti, non ci sono fantasie iperboliche o invenzioni geniali. No. Resta solo la figura di un vecchio attore che lentamente, di fronte a noi, si toglie il pesante trucco dal volto e ci bisbiglia le sue ultime confessioni, il suo definitivo testamento.
Quanto a me, quel giorno alla Bocciofila avrei voluto avvicinarmi ai due signori e carpire con maggior chiarezza i segreti che si stavano confidando (e se solo fossi stato più alticcio probabilmente mi sarei avventurato).
Ma in fondo sono contento di non averlo fatto, quel pomeriggio (sempre che non fosse una sera) era il loro pomeriggio ed è stato bellissimo vedere, da lontano, quel signore così composto e taciturno che pian piano, parlando con il suo amico, allargava le labbra in un magnifico sorriso.
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