Era il maggio del 1970 quando fu pubblicato il long playing King Kong del violinista Jean Luc Ponty, interamente scritto da un genio musicale come Frank Zappa (con una sola canzone scritta da Ponty, ma è anche l'unica in cui Zappa è presente con la sua chitarra): non era un album Rock nè Jazz ed il termine Fusion non era ancora entrato nel vocabolario musicale.

Dopo quell'album e "My Favourite Things" di John Coltrane (sebbene meritano una menzione anche Herbie Hancock ed il geniale "In A Silent Way" di Mile Davis), l'incontro tra Jazz e Rock venne visto con molto favore e le sperimentazioni in tal senso si moltiplicarono (Il Jazz-Rock o Fusion esploderà da lì a poco ed avrà molti esponenti di gran classe, tra cui i miei preferiti sono Scotfield, Metheny e Di Meola).
Avrei dovuto, forse, recensire quest'album, per le fondamentali composizioni in esso presenti (fra tutte, la title-track "King Kong", "Idiot Bastard Son" e, soprattutto, "Music for electric violin and Low Budget Orchestra" con il grande George Duke al piano elettrico). La scelta è ricaduta sul 'The Very Best Of' (2000) che consiglierei a tutti gli amanti della musica senza frontiere e paletti, perchè tra gli artisti citati, Jean Luc Ponty è probabilmente il meno conosciuto e, visto che non c'è nessuna recensione presente in archivio (non a caso), una prima infarinatura attraverso questo cd può rivelarsi utile come primo approccio.

Sicuramente Ponty è uno degli artisti più sottovalutati fra quelli che hanno innovato il Jazz perchè suona il violino, anche se prima di lui c'era stato il maestro (anche lui francese) Stephane Grappelli: ma suonare, il piano, la chitarra o il sax, senza girarci troppo intorno, in questo genere premia di più (chiedete al batterista Weickl o al bassista Patitucci quanto hanno dovuto sudare per ottenere una certa e strameritata visibilità). Ma chi è questo folle che presta il suo talento violinista al jazz ed al rock, collaborando nello stesso anno (1972) con gente come Elton John ed il futuro «figlio delle stelle» Alan Sorrenti (in "Aria": capolavoro del prog italiano), per poi misurarsi con pilastri del Fusion come John Mclaughin, Chick Corea, Stanley Clarke e Al Di Meola?

È francese, nato nel 1942 da una famiglia di musicisti classici: violinista il padre, pianista la madre. Imparò entrambi gli strumenti all'età di 5 anni e già ad 11 dovette fare una prima scelta, propendendo per il violino a scapito del piano. Solo 6 anni dopo (a 17 anni) il prodigioso adolescente, fresco di diploma al Conservatorio di Parigi, si trova di fronte ad un'altra difficile e questa volta improvvisa scelta: musica classica o jazz. Folgorato da Coltrane e Davis, Ponty sceglie il jazz e mette da parte il violino per tornare al piano e provare addirittura con il sax. L'incontro con Grappelli al «Blu Note de Paris» sarà determinante, così come l'invito di Zappa nel suo Hot Rats (1969): da lì in avanti, Jean Luc Ponty non abbandonerà più il suo strumento preferito. La sua spinta rivoluzionaria in quanto visionaria, la freschezza delle sue idee, l'armonia delle sue combinazioni, il mantenersi all'avanguardia senza cadere mai nella freddezza esecutiva (tipica dell'attuale Fusion, o come si chiama oggi New Jazz per marcare un intercorso avvicinamento al jazz con un certo allontanamento dal rock) sono ben esposte in questo lavoro discografico (che ripercorre la sua carriera discografica dal 1975 al 1985) in brani come "Bowing-Bowing", "Renaissance", "New Country" (che preferisco più di tutte), "Cosmic Messenger" e "No Strings Attached" (presente in versione live).

Negli anni 90, Ponty combinerà il violino acustico con quello elettrico e si dedicherà prevalentemente a diverse collaborazioni, giungendo fino ad oggi. Anzichè citare album, specie a chi piace valutare un'artista dal vivo, al riguardo citerei, invece, il suo primo dvd "In Concert" (2003), in cui il francese, dopo 30 anni, dimostra ancora tutto il valore e l'energia della sua musica: onestamente, di gran spessore. Buona Musica a tutti.

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