Con "Magnetic Fields", uscito nel 1981, Jarre prosegue nell'opera di spettacolarizzazione del suono che era stato il segno distintivo del suo stile nei primi due album, "Oxygène" ed "Equinoxe". Un'elettronica molto orecchiabile, la sua, suddivisa in brevi temi invece che in lunghe suites come nel caso dei tedeschi, sempre molto ritmata e coinvolgente.
Un brano di quasi 18 minuti apre questo lavoro: "Magnetic Fields Part 1", ma a dispetto della durata risulta suddiviso in tre episodi ben distinti. Il primo è costruito su un tappeto armonico arricchito dalle melodie solenni del musicista francese; a questo movimento segue un episodio di transizione, altrettanto tipico di Jarre, in cui sembra davvero di sorvolare una catena montuosa a bordo di un piccolo velivolo: si sentono spifferi gelidi nell'aria rarefatta, brandelli di voci in eco, raffiche di vento elettronico che attraversano i canali dello stereo da sinistra a destra; fino a essere proiettati bruscamente nel terzo episodio, un brano dal ritmo pesante e oppressivo su cui muove una malinconica melodia.
Il resto del lavoro comprende episodi più o meno riusciti: "Magnetic Fields Part 2" ha un ritmo danzereccio e venne usata in Italia come sigla di un programma di trailer cinematografici; nella "Part 3" fa il suo ingresso il rumore (mai praticamente usato da Jarre in precedenza), quello di un treno sferragliante. Ancora un riuscito episodio la "Part 4", mentre la conclusione dell'album, "Magnetic Fields Part 5", sottotitolo "The Last Rhumba", è un divertissement scritto forse con l'intento di imitare l'organetto sotto l'acquazzone alla fine di "Equinoxe", e che invece suona un po' vacanziero, fuori misura non solo nell'album nel suo complesso, ma più in generale nella cifra stilistica di Jarre, quale almeno la si conosceva fino ad allora.
Un disco di ottimo livello in certi momenti, non mantiene però la stessa tensione in tutte le tracce. In Francia è uscito col titolo "Les Chants Magnétiques", gioco di parole che funziona solo dai cugini d'oltralpe visto che champs (campi) e chants (canti) si pronunciano nello stesso identico modo. L'album potrà essere apprezzato da chi non conosce Jean Michel Jarre, mentre un pizzico di delusione ha fatto capolino a suo tempo in coloro che si erano esaltati all'ascolto dei due primi lavori.
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