Sotto molti aspetti Jeff è il più grande chitarrista elettrico di tutti i tempi: il suo tocco e suono sono principeschi, ineguagliabili; l'approccio a ritmo e melodia intriganti e sorprendenti... la scelta delle note, l'estro con cui acchiappa l'attimo per entrare, prolungare, vibrare, glissare, legare, staccare, sfumare sono una scoperta continua. Quest'uomo non può che essere messo su un piedistallo da ogni serio amatore/suonatore/studioso di chitarra (elettrica: quella acustica per Beck potrebbe anche non esistere...). Più si è addentro alle cose riguardanti la sei corde, più ci si rende conto dell'eccellenza del nostro in quanto a capacità visionaria ed talento su quell'arnese (Fender Stratocaster, da tanti anni a questa parte) indossato e smanettato con sublime naturalezza, quasi fosse un arto aggiuntivo del corpo.
Allo stesso modo, la sua voglia di sperimentare fra generi musicali diversissimi, di farsi solleticare da generi molto lontani fra loro, insistendo poi ad arrangiarsi da solo, passando sopra alle incredibili chances avute di sistemarsi alla grande all'interno di entità di assoluto successo mediatico e commerciale (una su tutte: disse di no ai Rolling Stones, bollando bassista e batterista di inadeguatezza... concordo appieno sul giudizio!) o aggregando stabilmente attorno a sé qualche frontman/songwriter insieme a cui sfornare una buona serie di dischi pop rock di successo, ha un che di idealistico, di romantico.
Ricercatore per istinto e cane sciolto per vocazione, il nostro ha iniziato nei lontani anni sessanta mettendo insieme il pop con il blues negli Yardbirds e poi tramutando il tutto in hard rock con il Jeff Beck Group. Negli anni settanta ha prima infilato forti dosi di rhythm&blues nel rock duro con il trio Beck/Bogert/Appice, poi si è stufato dei cantanti ed è espatriato in campo jazz, esplorando una specie di blues/fusion in diversi lavori a proprio nome o insieme al tastierista Jan Hammer. Negli anni ottanta ha quindi aperto le porte all'elettronica, sodalizzando con tastieristi/compositori in grado di pungolare la sua ispirazione di ineffabile solista. Gli anni novanta ed il nuovo millennio lo hanno visto flirtare pesantemente con la musica techno, alternata su dischi e concerti a goduriosi strumentali d'atmosfera e a qualche rimasuglio di rock.
Su "Emotion & Commotion" la techno sparisce quasi del tutto, i goduriosi strumentali d'atmosfera di cui sopra sono più che mai presenti ma è la scelta delle musiche sulle quali far calare la voce della sua augusta chitarra che lascia perplessi. Nel senso che la faccenda assume toni parecchio paraculi... il suo nuovo produttore Steve Lipson (Simple Minds, Annie Lennox, Pet Shop Boys, persino Zucchero e Celentano... insomma un produttore pop, ahi ahi) lo ha infatti convinto a introdurre le seguenti novità:
· Una poderosa orchestra classica di 64 elementi, presente quasi ovunque e in un paio di brani ulteriormente arricchita dai vocalizzi della soprano Olivia Safe
· La grintosissima voce soul dell'ex-enfant prodige Joss Stone, ingaggiata per latrare con encomiabile, ma farlocca grinta in un paio di pezzi, uno dei quali il classico rhythm&blues degli anni cinquanta "I Put A Spell On You"
· Due vetusti standard musicali già rivitalizzati negli anni novanta dal compianto Jeff Buckley, vale a dire "Corpus Christi Carol" risalente al quindicesimo secolo e "Lilac Wine", che invece è degli anni quaranta e per la quale viene ingaggiata pure la suadente voce dell'irlandese Imelda May
· Un quarto classicone, questo a botta sicura: "Over The Raimbow" conosciuta anche da nonni e bambini grazie all'immortale pellicola del 1939 "Il Mago di Oz"
· Quinto classico, ancor più populista: la Pucciniana "Nessun Dorma", ovvero la "Smoke On The Water" dell'opera classica, a quanto pare. Senza fare una piega Beck vi pavarotteggia con la Strato, sopra la professionale pompa magna dell'orchestra tutta. Evviva! Ed ecco che è arrivato pure il Grammy Award americano, premio alla "migliore performance pop strumentale del 2011"
Quel poco che resta fuori da una simile ricerca di consenso all'ascolto "adulto", diciamo così, costituisce a mio sentire il meglio dell'album. Jeff è magnifico su "Never Alone": le sue unghie toccano con grazia le corde e plasmano mirabili melodie (non sue: l'autore è il suo tastierista Jason Rebello), arricchite dal sapientissimo dosaggio dei riverberi e dal micrometrico controllo sia della leva del vibrato che della manopola del volume. Altrettanto valida "Serene", che vede il solista librarsi sopra un felpato groove di percussioni e in un paio di punti duettare con la soprano Safe sul tappeto dell'onnipresente orchestra.
Discreta infine "Hammerhead", un numero rock aperto con il wah wah in stile Jimi Hendrix e poi gonfiato da un riffone detonante, con gli insigni orchestrali piegati a star dietro a basso e chitarra, in un drammatico e gigantesco obbligato che fa onore al titolo (Pesce Martello!). Alla batteria opera per l'occasione la nostra Alessia Mattalia, che invero offre una prestazione un tantino rigida, specie a confronto con quelle dell'occhialuto collega che evoluisce in tutto il resto dell'album o quasi, il fuoriclasse statunitense Vinnie Colaiuta.
Stavolta non gliela passo al grande e stimabile Jeff Beck: questo suo ultimo disco (del 2010) non mi ha dato buone sensazioni... sono chiare ed indisponenti una ricerca di consenso grossolana, la confezione patinata e ruffiana (persino nel titolo), la prevalenza di temi e ritmi molto lenti, quasi a nenia, suggestivi ma alla lunga noiosi.
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