Ritchie Blackmore forma, insieme a Jimmy Page e Jeff Beck, il mio trio di chitarristi piu amati (con la dovuta precisazione che, per me, Hendrix è fuori da ogni valutazione o confronto con chiunque, troppo smisurato il suo talento). Solo Jerry Bloom, autorevole più che mai quando si parla di Deep Purple e dintorni, poteva avere la voglia e la pazienza di scrivere una biografia (non autorizzata) su Richard Hugh Blackmore. Il chitarrista è un personaggio difficilissimo da inquadrare. Le interviste da lui rilasciate in carriera sono sempre state sconcertanti; un po' come Dylan, qualche anno prima, si è sempre divertito nel prendersi gioco del giornalista di turno; quindi non sapevi mai quando era serio o quando ti prendeva in giro. Scontroso, indisponente, lunatico, egoista, egocentrico; questi gli aggettivi che, quasi sempre, sono stati utilizzati per descriverne il carattere e la personalità. Bloom cerca di essere il più imparziale possibile, raccontando il modo in cui sono (dovrebbero) essere andate le cose, lasciando al lettore di farsi una idea sulle varie situazioni. Il libro è veramente una "Bibbia" per chi ama il musicista. I primi anni di carriera sono raccontati con una minuzia di particolari incredibile (circa un quarto del libro!); le sue innumerevoli collaborazioni ci fanno anche riscoprire nomi dimenticati o quasi (Lord Sutch, Savages, Outlaws, Jaywalkers e tanti altri). Si arriva alla nascita dei Deep Purple; al successo planetario, alle liti al limite del surreale con Gillan, alla guerra fredda con Coverdale e Hughes. Non è vero, a mio parere, che non gli piacesse il nuovo sound dei Purple... il problema era solo che quei due sfrontati ragazzotti gli rubavano parte della scena. Un vero padre padrone che doveva avere sempre la parola definitiva in ogni decisione. Insopportabile quando non usciva per i bis, impuntandosi che per lui il concerto era finito o quando, per vari mesi, non viaggiò neanche con gli altri raggiungendoli la sera poco prima del concerto per non vedere Gillan. Nei Rainbow poi, per capirci, nessun album avrà la stessa formazione del precedente; i musicisti entravano ed uscivano come clienti di un albergo. E, anche qui, liti con i più carismatici : Dio, Powell, Glover, Airley. Per arrivare al progetto Blackmore's Nights con sua moglie Candice e il cambio radicale di genere (ma non di padrone; anche qui gli "altri" non contano e vengono rimpiazzati a ripetizione.

Uno così dovrebbe starmi sulle palle a non finire (ed in effetti un pochino!); ma poi c'è Ritchie Blackmore musicista che mi ha dato (e continua a farlo) emozioni incredibili: Fantasia, classe, velocità; molti ritengono che, insieme ad Hendrix, suo unico riferimento, sia il chitarrista dotato di maggior talento capace di formare intere generazioni di nuovi chitarristi. e , per ciò che vale, sono completamente d'accordo. Tutti coloro che ho menzionato prima per il Blackmore musicista provano solo assoluta ammirazione. Cito, per tutti, Roger Glover (uno letteralmetne cacciato dai Purple da lui senza un motivo che non fosse la sua amicizia con Gillan!): "E' un chitarrista formidabile, una di quelle persone uniche che Dio ha indicato dicendo "Tu avrai qualcosa che nessun altro ha. Possiede una dote ultraterrena, che quasi lo distrugge: Forse non riesce a gestire il suo talento, ecco perchè è così strano". Una presenza ingombrante anche per i colleghi del periodo che si "giocavano" il ruolo del miglior guitar hero. Page, Clapton, Beck e compagnia non parlavano praticamente mai di lui. Loro erano i più adorati e chiacchierati, i più ben visti dagli addetti ai lavori; ma a lui, al "Man in Black", non importava nulla. Sapeva di essere il numero uno.

Grazie Ritchie, sarai una testa di cazzo, fatto a tuo modo, testardo e prepotente, ma quando ti ascolto riesci a farmelo dimenticare.

Il libro è un racconto di un pezzo di storia del rock dagli anni sessanta ai giorni d'oggi.

Buona lettura.

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