Un'idea si è impadronita della mia mente durante l'ascolto di "Conqueror", nuova opera concepita da quel genio di Justin K. Broadrick.
Idea, che si può riassumere così: fatta salva l'impronta personale e di matrice post rock meccanica/malinconico/depressiva che caratterizza Jesu, è possibile osservare le otto tracce come una sorta di incrocio tra My Bloody Valentine e Slowdive, passati al mixer dai Black Sabbath e poi messi a macerare nelle cantine dei Godflesh.

Stratificazioni atonali di melodia grigia e sognante, romanticismo dilatato, lento (sia come lo erano i Codeine, che per certe parentele con il doom atmosferico), visuale (per quelli che sono gli eterei soundscape costruiti), solitario, sebbene fermo nella propria solitudine consapevole, di una bellezza antica ed epica, caracollante e alienante, circolare e orchestrale nel suo minimalismo iterativo. Il tutto viene evidentemente palesato nei dieci minuti di "Weightless & Horizontal", ma sia chiaro che l'album vive di diverse e variabili sfumature sonore ("Medicine" non è poi così lontana, pur se trasposta in un diverso contesto strumentale, dalle litanie spirituali degli OM).

In perenne mutazione, questa è la sola via espressiva da lui conosciuta.

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