Arriva un punto nella carriera di ogni artista in cui il proprio repertorio rischia di uscire letteralmente dalle orecchie. Senza alcun dubbio è difficile accontentare sia i fan generici, che vogliono alla fin fine sempre le quattro o cinque hit classiche (gente che si scalda on Aqualung, Thick as A Brick, Boureé e Living In The Past) e accontentare i fan più accaniti, che si aspettano le proverbiali "chicche" e "gemme", sparse qua e là nel vastissimo repertorio, se non addirittura il materiale più "nuovo", dato che i classici sopracitati risultano ormai già assimilati da tanto tempo.

Fatto sta, che per i motivi sopracitati, i Jethro Tull si imbarcarono in un tour mondiale diverso dai soliti, anche per le pressioni del pubblico che reclamava una conversione dei Jethro alla moda "Unplugged" lanciata all'inizio degli anni '90 da MTV, ossia quel modo di reinterpretare i propri repertori live in chiave acustica. Ed è ciò che essi fecero. Questo fatto implicò un netto cambiamento nel 1992 non solo dal punto di vista degli arrangiamenti, ma anche nella formazione, seppur temporaneamente. Il tastierista Andy Giddings, da poco entrato a far parte dei Jethro Tull in occasione delle registrazioni di "Catfish Rising" (1991), venne gentilmente invitato a restare a casa per tutta la durata del tour, mentre il batterista Doane Perry chiese un periodo di pausa per badare ai suoi affari extra-Tulliani. Dietro le pelli venne dunque ingaggiato Dave Mattacks, a suo tempo batterista dei Fairport Convention, introdotto dall'allora bassista Dave Pegg. Qualche fugace apparizione nel corso della tournée la fece anche Gerry Conway, il batterista dei tempi di "Broadsword And The Beast".

Dalle registrazioni dal vivo venne tratto un album intitolato "A Little Light Music", dal nome del tour acustico del '92, a sua volta ripreso da una canzone del precedente disco "Catfish Rising": per la precisione si tratta del brano Rocks On The Road (Now how about a little light music / to take it alla way). Una piccola musica leggera lo sarà sul serio.

Le prime date registrate furono addirittura scartate, a causa dell'eccessivo nervosismo di tutta la band per il progetto: il che è tutto dire per chi vanta una consolidata esperienza dal vivo come i Jethro Tull. Sul disco appaiono dunque brani registrati a Londra, Dortmund, Francoforte, Mannheim, Monaco di Baviera, Berlino, Praga, Zurigo, Ankara, Gerusalemme, Caesarea, Graz e ad Atene, dove è ospite il cantante greco George Dalaras per una (inutile) versione di John Barleycorn e una di Ruby Tuesday, quest'ultima cover fortunatamente non inclusa nel disco.

L'uso della semi-acustica in Nursie e il suo arrangiamento, la scelta di pezzi come From A Dead Beat To An Old Greaser, lasciano un po' di amaro in bocca. Il suono del basso acustico di David Pegg è inusuale e fornisce un'impronta bizzarra ai pezzi, per non parlare della vice di Ian Anderson, abbastanza in difficoltà con i nuovi volumi, per non parlare fase vocale calante inizia dopo le registrazioni di Under Wraps, seppur ancora piuttosto accettabile (il colpo di grazia lo avrebbe ricevuto cadendo dal palco e rischiando di morire per trombosi, cosa che intaccò fino allo stato attuale la sua situazione vocale). Ci sono comunque delle gran belle interpretazioni, come la versione strumentale della perla acustica Under Wraps # 2, piuttosto che le ottima Life Is A Long Song e A Christmas Song. Epiche sono anche le presentazioni di Ian Anderson, che "se la prende" scherzosamente con Martin Barre e David Pegg. Pure, nel complesso sembra che veramente il sound risulti molto scarno in alcuni punti, oltre alla ridondanza generale di alcuni arrangiamenti (il rimestamento blues di Look Into The Sun piuttosto che l'intro di Too Old To Rock'n'Roll Too Young To Die, per citarne un paio).

Insomma, non penso proprio che sarei tornato a casa soddisfattissimo se fossi andato a vedere un concerto di questa tournée, anche se a molti fan questa fase non dispiacque affatto. Non dico che si sarebbe tornati disgustati o delusi, perché il livello dello spettacolo è di livello sicuramente sempre ottimo, ma neanche da fare salti di gioia per il nuovo cambiamento.

Forse un progetto simile sarebbe molto più adatto ai Jethro Tull di oggi, dato che Ian Anderson la voce l'ha persa quasi del tutto. Concentrarsi su un repertorio prevalentemente acustico sarebbe meno impegnativo e darebbe frutti migliori. Ma il vero punto di debole di "A Little Light Music" resta forse il fatto che i pezzi, oltre ad essere riarrangiati, risultano meno incisivi rispetto agli originali, o anche solo comparati ad altri live (si guardi all'eccellente Bursting Out del 1978 ad esempio!). "A Little Light Music" è un progetto in bilico. Anche il design della copertina, pur essendo graficamente ben studiato, risulta un po' kitsch e forse si salva giusto l'originale logo fatto con i simboli del pentagramma.

A cambiare i pezzi i Jethro Tull ci proveranno ancora l'anno seguente con i mediocri Beacon Bottom's Tapes del cofanetto del 25° anniversario, prima di rendersi conto che più si è fedeli all'originale, più il pubblico apprezza. Giustamente!

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