E' interessante ciò che scrive Plutarco nel suo Capolavoro per eccellenza, le Vite Parallele, quando tratta del valoroso e strenuo combattente ateniese Alcibiade; verso un passo il quale ora la pigrizia e l'ozio mi vietano di riguardare e qui riscrivere, che comunque tratta circa la sua prima fanciullezza, si narra che, nel corso dei suoi studi, egli rifiutava categoricamente l'apprendimento dell'arte del flauto, accettando invece di buon grado di suonare tutti gli altri strumenti dell'epoca. Questo fatto non era affatto immotivato, infatti egli intelligentemente affermava che il flauto non permetteva nel contempo l'uso della parola, al contrario della lira, il suo strumento prediletto. Con una punta di scherno diceva press'a poco: "Lasciamo il flauto ai Tebani, che non sanno parlare!"
E' un aneddoto assai gradevole, che tuttavia pone un curioso dilemma al quale comunque ho già abbinato da tempo la sicura conseguenza: cosa mai direbbe il buon vecchio stratego greco dopo l'ascolto dell'unico e inimitabile Pifferaio Magico esibitosi in qualche pezzo che più di altri fornisce prova della sua straordinaria abilità come "Bourée", "Too Old To Rock'n'Roll Too Young To Die" o "Locomotive Breath"? Si rimangerebbe tutto e, con vistoso imbarazzo, si scuserebbe immediatamente e scatterebbe a complimentarsi con egli, il grande Jan. Perchè lui, col suo piccolo flauto, seminò e semina tuttora ben più discorsi di quanto avrebbe potuto fare anche se si fosse messo a gridare per tutta la vita, intendo nella Musica, nella musica che vale.
E come meglio celebrare la grandezza di Jan Anderson a quei tapini e poveri uomini i quali ancora non hanno assaporato quel suono melodico e divino? Ovvio, abbozzando una breve recensione sull'album più celebre in assoluto e più bello dei Jethro Tull dopo il perfetto A Passion Play, Aqualung.
Tale album si divide nettamente in due parti, le quali, mi permetto di aggiungere, sono capitanate al principio di ognuna dai pezzi più significativi, "Aqualung" e "My God". Gli strumenti sono pochi e di tradizione classica, il genere si divide tra rock, hard-rock e quel gradevolossimo e particolare folk britannico, predominante.
Si parte con "Aqualung", la canzone più famosa e più coinvolgente in assoluto dei Tull; la storia la sanno tutti: accompagnato da un riff stimolante esso parla di un barbone vecchio, lercio e sporcaccione che tuttavia ispira profonda tenerezza. Egli è lo stesso mendicante che appare in quell'originalissimo disegno in copertina che sembra avere le medesime fattezze del grande Jan; ho letto però che nulla vuole alludere al suo eventuale passato di miseria e quella somiglianza è voluta ma non possiede alcuna sorta di significato nascosto.
Si passa quindi per "Cross-eyed Mary", Mary la strabica, una puttana che non fa che abbindolare i ricconi per rubarne il danaro e donarlo ai più poveri, fungendo dunque da perfetta corrispondenza femminile al leggendario Robin-Hood; a questa sono successive le dolci e raffinate "Cheap Day Return", "Mother Goose" e "Wond'ring Aloud", la romantica di turno, che in sé non possiedono ritmi di forte impatto ma sono indispensabili per il giusto equilibrio dell'album; nella seconda canzone lo stesso Aqualung parla del suo malinconico passato. Chiude la prima parte l'incalzante "Up To Me", preceduta da fragorose risate, che narra con una forte punta di malinconica ironia la triste vita degli strati più miseri della società inglese; di questo, in genere, si è raccontato in tali canzoni: i vari aspetti e la molte tenebrose sfumature della vita dei poveri e degli emarginati.
La seconda parte incomincia con l'altra canzone "capitano", ossia "My God". Essa inizia con versi quieti ma costituiti da parole forti, quasi si fosse in preda a rabbia repressa, per poi esplodere in un grido spietato ma razionale e minuziosamente incanalato per tutta la sua ira in un ritornello irresistibile, che raggela il sangue; il motivo di tanto furore si trova nella natura anti-clericale (ma non certo anti-cristiana) del Pifferaio Magico. Segue quindi l'ironica ed orecchiabile "Hymn 43", e la bella "Slipstream" che verte sul tema della Morte. Tale traccia è sorella di "Cheap Day Return" per la sua calma e brevità.
"Locomotive Breath", la canzone ventura, è inimitabile per la sua bellezza come ugualmente è irresistibile la dolce "Wind Up", che si scaglia dolcemente ma con rabbia contro le ipocrisie borghesi, che accenna a chi nella Vita non è riuscito, e che ancora una volta grida contro la Chiesa despota e ingiusta.
L'album seguirà alcuni bonus traks ("Lick Your Fingers Clean", "Wind Up (Quad Version)", "Songs For Jeffrey", "Fat Man" e la bella "Bourée") più un'intervista a Jan Anderson.
In generale è un album commovente e profondo che richiede un grande numero di ascolti per essere apprezzato in tutta la sua grandezza anche se molti ritornelli abili e peculiari saltano subito all'orecchio; "Aqualung" piacerà soprattutto a chi ama particolarmente l'epoca del Medioevo perchè senza dubbio si può annusare specialmente nelle ultime canzoni il fascino medievale inglese, la tematica del girovago e del menestrello, la calda atmosfera delle taverne e delle osterie.
Anche se ovviamente il genere musicale non può essere più differente, mi sentirei di paragonarlo ad altre perle come Aion e The Serpent's Egg, dei Dead Can Dance, data l'attinenza del contesto, il Medioevo appunto.
Come l'eterea Lisa Gerrard sibila con incredibile avvenenza i suoi Capolavori, così il grande Jan suona con incredibile destrezza il suo flauto, consci entrambi di risvegliare al meravigliato ascoltatore epoche lontane, tempi remoti e culture diverse.
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