Il 1972 è un anno di grazia per i Jethro Tull: prima viene pubblicato il capolavoro 'Thick as a Brick' e neanche un mese dopo arriva 'Living In The Past'. Chiamare una raccolta con il nome di “Living in the past” è già di per sé un’idea originale anche se per certi versi non si tratta solo del primo “best of Jethro Tull” .

E’ una raccolta di canzoni fino ad allora reperibili solo su 45 giri, racchiude pezzi inediti e infine è persino un live, poiché due pezzi sono registrati dal vivo. Solo una band come i Jethro Tull poteva inventarsi qualcosa di simile. Del resto nel 1972 i Jethro Tull sono sulla cresta dell’onda dopo lo strabiliante successo di 'Aqualung' e dopo i diversi cambi di formazione, sembra doveroso celebrare i primi 5 anni di attività della band.
Prima parte il chitarrista Mick Abrahams per lasciare il posto a Tony Iommi (!) e poi definitivamente a Martin Barre, poi entra John Evans alle tastiere ma parte Glenn Cornick che lascia il posto di bassista a Jeffrey Hammond-Hammond e infine il batterista Clive Bunker si sposa e appende le bacchete al chiodo, sicché Ian Anderson riattinge dal suo vecchio gruppo (la John Evan Band) e richiama l’ottimo Barriemore Barlow.

Dal punto di vista della pubblicazione questo album è un macello: canzoni che sulla versione americana di 'Benefit' non vengono pubblicate in Europa, le ritroviamo sulla versione europea di 'Living in the past' e viceversa e inoltre la versione inglese differisce da quelle sopra elencate. Se poi ci troviamo fra le mani la prima versione uscita in Cd con tre pezzi esclusi per questioni di spazio, sembra doveroso a questo punto commentare la versione da 2 cd, quella definitiva, dove tutti vengono accontentati perché sono presenti tutte le canzoni delle diverse edizioni.
Questa versione di 'Living In The Past' è meravigliosa, perché, oltre a essere cartonata, contiene anche un libricino che è uguale a quello del 33 giri originale, con foto a colori e credits canzone per canzone. Peccato che sia così difficile da trovare e soprattutto così cara (il prezzo attualmente oscilla intorno agli 80 euro).

Partiamo con il primo Cd: A Song For Jeffrey, il primo vero manifesto della musica Jethro emerso dal blueseggiante 'This Was'. Love Story è un singolo sempre del 1968, con Ian che fa cantare il mandolino con il suo magico tocco. Christmas Song è una ballata meravigliosa, sempre con il mandolino in primo piano e con gli archi arrangiati da David (ora Dee, sigh!) Palmer. La title-track è un famoso singolo del 1969, che raggiunse il numero 3 charts inglesi. Oltre ad essere stata una grande hit (una hit in 5 quarti perlopiù!) è anche una delle canzoni più belle dei Jethro Tull. Driving Song è un B-side del 1969, in cui si nota qualche rimasuglio blues, ma con un riff molto orecchiabile. Ha forse bisogno di presentazioni invece la mitica Bourèe, il più emozionante riarrangiamte in chiave rock di musica classica?

Passiamo a Sweet Dream, un singolo del 1969, con una sezione di fiati e orchestra. Ha avuto un discreto successo commerciale ed è un pezzo. Singing all day è inedita ed è un buon pezzo rock dal basso blues e con intermezzo lento. Teacher era uscita solo come singolo in Europa e sulla versione americana di Benefit, nel 1970. Ne esiste anche una rara versione senza flauto ma con l’organo hammond, in cui il cantato e la chitarra variano da quella originale. E’ un classico pezzo alla Jethro vecchia maniera, con un intermezzo stupendo dove la band si scatena. Witch’ s Promise è un singolo del 1969, con i due fantastici flauti suonati sovrapposti uno all’ altro, è un altro dei grandi classici. Inside l’abbiamo già apprezzata su 'Benefit', così come Alive And Well And Living In, ma non c’erano sulla versione americana di 'Benefit'. Just Trying To Be è una di quelle belle perle acustiche, inspiegabilmente rimasta inedita dal 1970. La voce di Anderson è al top, la chitarra acustica risente del suo tocco sopraffino e la celesta suonata John Evan ci sta dentro bene.

Il secondo Cd si apre con i 2 pezzi dal vivo al Carnegie Hall di New York, dove i Jethro si esibirono, donando gli incassi a favore di una comunità di recupero per tossicodipendenti. Dopo un’esilarante presentazione di Ian Anderson, John Evans apre le danze con By Kind Permission Of, un lungo assolone di pianoforte a coda, con pezzi di Schubert e Beethoven che saltano fuori qua e là, oltre al flauto, per poi sfociare in un finale fantastico in cui partecipa tutta la band. John Evan dimostra di essere un pianista fenomenale. In Dharma For One la star è Clive Bunker, con un assolo lunghissimo di batteria e anche lui dimostra di essere tecnicamente dotato. Da notare come questa canzone sia completamente diversa da quella di This Was, con l’aggiunta della bella parte cantata.

Wond’ring Again è indubbiamente la canzone più bella dell’album intero: Chitarra acustica da brivido, quelle poche note di chitarra elettrica messe lì a pennello, le tastiere superbamente arrangiate. Una magia unica fino alla fine, dove Ian finisce con qualcosa di simile alla Wond’ring Aloud apparsa su 'Aqualung' (ma pochi sanno che Wond’ring Again è stata scritta prima, nel 1970). Hymn 43 e Locomotive Breath sono le meravigliose e aggressive canzoni tratte da 'Aqualung'. Che voce e che assoli di flauto! La ballata acustica Life Is A Long Song è un’inedita del 1971 e vede l’esordio di Barriemore Barlow alla batteria. Up the ‘Pool parla dei ricordi della gioventù di Ian Anderson passata a Blackpool, fra un fraseggio di chitarra e l’altro. Dr. Bogenbroom comincia con un arpeggio classicheggiante dell’harpsichord ed è una simpatica canzone. For Later è una delle prime tracce di progressive puro, uno strumentale solido e ben composto, difficilissimo da suonare. Nursie è un'altra di quelle perle acustiche che avrebbe potuto fare parte di 'Aqualung'. Bellissima e struggente, riprende il tema già affrontato in Cheap Day Return, ossia il padre malato di Ian Anderson. Questo tema viene ripreso anche in Thick As A Brick (What do you do when the old man’ s gone, do you want to be him?).

In America l’album vola al numero 3 in classifica, in Inghilterra al numero 8. 'Living in the past', nelle sue molteplici versioni, è un disco fenomenale che non ci si stanca mai di ascoltare e riascoltare.

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