Chiunque si sia mai interessato di Jim Jarmusch e del suo mondo, avrà senza dubbio incontrato nel corso della sua vita la "scintilla magica". La scintilla in questione è il brivido di esistere, e scusate se è poco.
Il cinema del regista di Akron ha la capacità di mettere su pellicola quelle porzioni di vita intraducibile, quegli spazi vuoti che si trovano lungo il percorso. Chiamiamoli momenti anonimi. Sono tutti quegli istanti ai quali non diamo troppa importanza, ma che nel puzzle dell'esistenza occupano sicuramente più della metà di tutti i pezzi. Ecco, sia chiaro che questo non deve essere visto come un discorso pessimista, ma semplicemente come un dato di fatto. Jarmusch parte da questo, dal senso di mancanza proprio dell'esistenza: e la sua capacità sta tutta nel saper catturare il lato nascosto di quegli attimi vuoti, di fotografarne l'anima malinconica ed estrapolarne un'inaspettata bellezza nascosta.
Pensate ad un regista come Federico Fellini e ad un film come "8 e Mezzo": semplice susseguirsi di visioni e risultato meraviglioso, seppur in tutta la sua "incompletezza". Jarmusch butta ugualmente su pellicola questa strana e splendida realtà, preferendo però ad un approccio "onirico" un procedimento più realista. Telecamera fissa, la realtà è ripresa così com'è, l'importante è sotto quale luce la si presenta.
Gli scenari sono quelli crudi del "culo" del mondo: la triste provincia americana, le strade deserte in piena notte, i giri in macchina solitari, le stanze buie di palazzi dimenticati. Gli abitanti di questi scenari sono personaggi strambi, magnetici, indecifrabili. Sono i cosiddetti outsiders, di cui la realtà straborda, e che sembrano tuttavia scivolare nascosti al lato delle altre esistenze. Essi respirano all'interno di un altro mondo, sospeso e dark, che in fin dei conti è un mondo esistente, forse più vero e fisico del cosiddetto mondo "normale". Allora possiamo dire così: Fellini filtrava la realtà attraverso immagini oniriche della sua mente, Jarmusch invece mostra direttamente le porzioni "magiche" di ciò che ci circonda, che sono lì a sonnecchiare in silenzio in tutta la loro semplice fisicità, già belle e pronte...
"Down By Law" è probabilmente uno dei film più belli del regista, e ruota intorno alle vicende di tre personaggi interpretati in maniera fantastica da Tom Waits, John Lurie e Roberto Benigni. Tre vite come tante che si incrociano in una sperduta e affascinante America. Un dj, un protettore e un immigrato italiano. E' una storia di grane con la legge (vere o presunte), di un'evasione, di un'amicizia. Di qualcuno che cerca di barcamenarsi sotto quello strano velo artificiale della realtà che sono le istituzioni, la legge, le regole. Che cerca di sopravvivere, ma che magari vorrebbe anche "vivere". Ed è soprattutto una storia semplice, forse come la realtà, e proprio in questo sta tutta la sua bellezza.
Ancor più divertente poi per noi italiani, complice l'interpretazione di Benigni che, con il suo inglese maccheronico e il suo taccuino su cui riporta metodicamente le espressioni dello slang americano appena udite, è forse il vero viaggiatore misterioso della vita: outsider tra gli outsiders.
Cito quindi Roberto Benigni da una scena del film, sperduto chissà dove: "It's a sad and beautiful world!...".
Ebbene, questa frase E' il cinema di Jim Jarmusch.
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