Jim O'Rourke non ha bisogno di nessuna presentazione. Nato a Chicago, nell'Illinois, e trasferitosi successivamente a New York, da qualche anno potete trovarlo a Tokyo, in Giappone dove vive. Quando non è in giro per il mondo ovviamente.
Ci sono pochi artisti che sono stati così influenti e rilevanti nella scena musicale alternativa degli ultimi venticinque-trent'anni quanto quello di Jim O'Rourke. Un musicista brillante e un produttore conosciuto per essere stato un membro di due gruppi più che importanti negli anni come i Gastr Del Sol (con David Grubbs) e i Sonic Youth, la collaborazione che probabilmente gli ha dato la maggiore notorietà. Ma questo comunque non basterebbe per parlare di questo artista e della sua carriera e durante la quale ha avuto anche riconoscimenti importanti come essere premiato dalla Fondazione per l'Arte Contemporanea di New York City, fondata, tra gli altri, dall'artista e musicista seminale John Cage.
Ha registrato e prodotto album di diversi generi, dal jazz all'art-rock fino alla musica elettronica e ha collaborato con Sonic Youth, Red Krayola, Joanna Newson e Fennesz; ha prodotto alcuni dei lavori di questi artisti e dischi dei Superchunk, Smog, Faust e il suo lavoro come produttore per i Wilco è stato direi decisivo per il successo della band di Jeff Tweedy. Ovviamente durante questi anni ha anche registrato degli album come solistas. Alcuni dei quali con la Drag City di Chicago. L'ultimo è uscito l'anno scorso, 'Simple Songs', e in effetti in tanti anni è stato il primo disco nel quale O'Rourke suona quelle che si potrebbero definire come otto 'semplici' canzoni. È un disco 'cantautoriale' che è stato accolto benissimo dalla critica, ma che devo ammettere di non aver amato particolarmente. Mi è sembrato troppo convenzionale rispetto ai suoi standard e troppo sofisticato per essere un disco 'cantautoriale'. Non ci ho trovato particolari contenuti sul piano emozionale.
Questo non fa chiaramnete di Jim O'Rourke solo un mero esecutore. Non credo questo e non l'ho mai pensato. Anzi, sono convinto che lui riesca a essere veramente emozionante e comunitivo anche nei suoi lavori più sperimentali. Probabilmente per la verità gli riesce di essere molto più comunicativo in questo modo che in altri. E questo è veramente curioso perché in effetti proprio poco fa discutevo con un amico su quello che si ritiene sia il sempiterno e sempre attuale confronto tra umanesimo e tecnica. Che cosa conta di più nel mondo delle arti?
Jim O' Rourke è andato oltre questa questione. 'Steamroom' è una collezione di suoi lavori solisti e sperimentali. La maggior parte di questi sono nuovi lavori che lui ha registrato e registra a Tokyo, in Giappone e poi rilascia per lo più in formato digitale via bandcamp (potete anche semplicemente ascoltarli in streaming direttamente dal sito), ma tra questi ci sono anche dei suoi vecchi lavori che non sono mai stati rilasciati prima.
'Steamroom 25', che poi è il disco di cui sto parlando, fa parte di questa serie ed è stato registrato e rilasciato lo scorso febbraio. È composto da una sola 'canzone' (diciamo così) che si intitola 'It's the Story All Night' e che consiste in una lunga sessione di più di quaranta minuti di musica elettronica e sperimentale.
So bene che un mucchio di persone non prendono particolarmente in considerazione dischi come questo. Da un certo punto di vista si può ritenere che si tratti di qualche cosa di molto auto-referenziale e evidente che comunque non ci troviamo davanti a qualche cosa che può andare bene per ogni singolo momento della giornata. Ma questo non significa che questo disco non abbia dei contenuti. O'Rourke pensa alle sue composizioni in una maniera che definirei visuale, ascoltando questa fresca sessione di musica drone meditativa vieni completamente immerso in un contesto diverso, lontano fisicamente e mentalmente da tutto ciò che ti circonda. Penso a alcuni episodi cinematografici come, 'Paris, Texas' o 'Apocalypse Now', 'Altered States', ma anche quelli che sono dei classici della fantascienza come 'Solaris' di Tarkovskij o 'A Space Odyssey'. Questo disco è uno di quei casi in cui la musica trascende il semplice e solitamente principale proposito di intrattenere, ti invita invece a sentire e provare esperienze a livello emozionale.
Posso fare a meno a questo punto di citare Lou Reed? Non ho mai praticato yoga oppure tai-chi, ma cerco sempre di raggiungere un qualche tipo di equilibrio nella mia vita, e specialmente in questo momento e nel quale passo più tempo a parlare con degli psichiatri che con qualsiasi altra persona, e sono convinto comunque che per raggiungere questo stato, devi necessariamente trovare un qualche punto di allineamento tra il tuo corpo e la tua anima. Perché ho menzionato Lou Reed? Lou ha praticato il tai-chi per anni e gli ha dedicato anche una delle sue ultime uscite discografiche, 'Hudson River Wind Meditations', nel quale proponeva appunto quella che era della musica che egli adoperava durante le sue sedute di meditazione.
Lou Reed ritengo fosse una personalità molto complessa. Mi sono sempre domandato se alla fine della sua vita abbia veramente trovato un equilibrio oppure no. Non lo so. Non sono neppure sicuro che il tai-chi oppure la meditazione possano aiutare in tutti i casi, ma sono convinto che se discutiamo del confronto tra umanismo e tecnica, sia necessario non considerare queste due cose separatamente. Sai cosa penso: cerca di entrare in contatto con ogni cosa, cerca di trovare sempre il meglio in tutto quello che ti circonda. Ecco, probabilmente questo è l'unico modo per trovare un proprio equilibrio.
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