Già dal titolo una premonizione ed una sensazione di dolorosa amarezza.
Cosa ne sarebbe stato della musica di oggi se Hendrix non fosse morto troppo presto, se avesse continuato a risplendere oltre i "Primi Raggi Del Nuovo Sole Nascente"?
E pensare che era ad un passo dal cominciare un nuovo progetto musicale con Miles Davis... Cosa sarebbe successo se avessero unito le loro idee due tra più grandi artisti del novecento nel momento del loro maggior fermento creativo? Purtroppo non lo possiamo sapere. Ci rimane da ascoltare e riascoltare uno dei capolavori assoluti del chitarrista di Seattle, per scoprire ogni volta stupiti ed estasiati nuove sfumature, arrangiamenti e sonorità rivoluzionari, riffs che esprimono nella loro fulminea sintesi la potenza eversiva e trascinante del rock.
Questo disco uscì solo nel 1997, ma raccoglie brani in gran parte già pubblicati nella miriade di dischi fatti uscire dopo la sua scomparsa, albums che molte volte servivano solo a rimpinguare le casse di chi per anni ha speculato sull'arte di Jimi.
Al contrario, la scaletta dei "First Rays" era proprio quella voluta da Hendrix, e a raccontarcelo, è l'ingegnere del suono Eddie Kramer che ha lavorato con lui alla produzione dei brani (per capire la fruttuosa simbiosi tra artista e tecnico è imperdibile il DVD che documenta la produzione di Electric Ladyland).
Recensire questo disco non è impresa facile, bisognerebbe farne un libro, per poi accorgersi forse che scrivere di musica è un po' come ballare di architettura, come disse qualcuno.
C'è tutto in questo lavoro: ci sono scatenati ritmi funky e struggenti ballads. Ci sono assoli che fanno capire come i chitarristi vadano distinti in epoche "avanti Hendrix" e "dopo Hendrix" (a.H. e d.H.), ci sono dei brani apparentemente meno impegnati, ma che fanno riflettere su un altro aspetto importante dell'approccio alla musica e dei tempi che cambiano: "My friends" ricrea il clima di una tipica jam session, come ne avvenivano nei locali del Greenwich Village a New York, a notte fonda; quando potevi incontrare Jimi intento ad improvvisare un blues con Stephen Stills che era lì di passaggio. Oppure potevi ad esempio portarti una chitarra o delle percussioni e suonare, e se eri fortunato ti potevi ritrovare in studio ad assistere alla registrazione dell'ultimo disco di una rock-star... Io Vasco Rossi (con le dovute distinzioni, per carità, è il primo nome che mi è venuto in mente) non l'ho mai incontrato al pub sotto casa!
Ma il tema principale di "First Rays Of A New Rising Sun" è insito nel titolo stesso. Hendrix riprende in studio le sperimentazioni iniziate con Electric Ladyland e spinge la propria musica verso zone inesplorate, come si conviene ad ogni genio che si rispetti.
La ricerca timbrica frutto della già citata collaborazione con Eddie Kramer porta il blues ed il rock ad appropriarsi dei nuovi strumenti a disposizione (operazione analoga a quella che compiva Miles Davis negli stessi anni). Tuttavia lo sperimentalismo non cede mai il passo alla potenza comunicativa dell'arte.
Gli aspetti strettamente compositivi stupiscono ad oggi per la creatività vulcanica e per la capacità che, a volte, può essere definita contrappuntistica delle intuizioni del nostro.
Se è vero che l'arte, per progredire, deve superare l'universo di linguaggio comunemente assunto, è pur vero che esistono personaggi che conciliano le due tensioni apparentemente antitetiche giungendo ad un'incredibile quanto straordinaria quadratura del cerchio.
Uno di questi è stato Jimi Hendrix.
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