Hai mai ascoltato Jimi Hendrix?
Sai chi era Jimi Hendrix?
E adesso rispondi a questa, hai mai trovato nel cesso di un bisco-pub un quadro di picasso?!
Naturalmente penserai che cosa c’entra questa domanda con le precedenti? Beh, centra eccome, mi sono rotto le palle di vedere imitazioni di picasso, spacciate per originali, nel cesso di un qualsiasi bar.
Oramai la mia misantropia è al limite, già viziata da alienazione mista a superbia e ira, quest’ultima forse la definirei meglio con empatia o passione, molto più adatta a ciò che sento per quella che per antonomasia è ritenuta l'arte per eccellenza, la genesi delle percezioni umane “….quella combinazione di suoni che, secondo determinate leggi fisiche e convenzioni formali, che esprimono e suscitano uno stimolo fisico ed emotivo attraverso l'apparato uditivo……attraverso quella percezione ed esperienza emotiva e uditiva voluta dall'artista”, ovvero la Musica.
Il termine musica non indicava una particolare arte, bensì tutte le arti delle Muse - nel rappresentativo mitologico greco e romano - e si riferiva a qualcosa di "perfetto" e "bello"; questo però bisognerebbe dirglielo alla massa che tanto rappresenta la nostra società stereotipata da una pornografia ormai diventata amorale, imposta dai Media; è consuetudine pensare che quello che beviamo, mangiamo, ascoltiamo e vediamo scorra all’interno di binari che delimitino chi “dobbiamo” essere.
Sembra allora un paradosso, pensare che potreste stare ore e ore a guardare un quadro di picasso e non riuscire a capire un cazzo della vita, almeno per un neofita in materia, quando vi basterebbe imparare ad ascoltare qualcosa di Hendrix, Deep Purple, Led Zepelin, The Doors, Black Sabbath, King Crimson, Beethoven, Brian Wilson, Battisti e quant’altro, ed iniziare ad avere un quadro più completo di dove vi troviate e chi siete; come in uno slogan, “la musica rende più intelligenti, bevete allora musica invece di bervi le C……. dei Media!”.
La musica più di una semplice preghiera per poter arrivare a Dio, e conoscerne la luce, per un qualcosa di "perfetto" e "bello", per rinascere nei suoni di colui che ritengo prima che un musicista, un ricercatore e sperimentatore di suoni, nel pieno sconvolgimento e destrutturazione della scala pentatonica "double-stop" di Chuck Berry, in un'inedita fusione di blues, rhythm and blues, acid rock, psichedelia e funky e in quella spasmodica, delirante e visionaria necessità di estrarre nuove sonorità dalla propria Fender Stratocaster alla ricerca dell’impossibile e della perfezione…..nella pura follia e genialità Hendrixiana.
Le infinite jam session dettate da quella verve aggressiva e da quella furiosa attitudine chitarristica che il nostro “axe man” portava avanti allo strenuo, ottimamente supportato dalla nuova band, non peraltro lusingata di avere innanzi a se la massima espressione di ciò che rappresenti la musica.
Uno straordinario, degno di nota Mitch Mitchell, nel pieno feeling di quel suono, ormai dettato solo da un iconoclasta istinto errabondo senza metà, nel pieno delirio e in quel genio infinito e mai scontato; il tutto avvolto in una catarsi di suoni tipicamente psichedelici, a contribuire e a creare ciò che oggi è il mito, l’icona.
Uno sweep-picking estremamente pulito, aggressivo, tagliente e acido sapientemente combinato a quel sound caldo e pieno, di estrazione tipicamente blues contribuirono a domare e a “forzare” quella dannata Stratocaster nel risultato di un suono assolutamente personale, distorto, denso, mai troppo sottile e metallico ma corposo e comunque definito e mai impastato.
Non mi soffermerò su ciò sono stati per la musica quei 3 giorni a Woodstock o il periodo delicato e intenso o la bellezza di quegli anni, forse gli unici in cui i cambiamenti erano “davvero” possibili, nella piena consapevolezza e coscienza civica di “ognuno” di noi, in cui ci si sapeva “rimboccare” le maniche e si conosceva l’essenza della vita e le sue reali importanze, al contrario di oggi.
Non azzarderò congetture sulla storica esibizione riguardante la splendida, dissacrante e visionaria trasfigurazione chitarristica sul tema di The Star-Spangled Banner, inno degli Stati Uniti d'America, mi godrò quella splendida interpretazione introdotta da una spietata Voodoo Child (Slight Return) in cui Hendrix mandò in delirio, se stesso in primis, duecentomila persone in tutto il suo accanimento e in tutta la sua selvaggia, segnando quel momento nell’immaginario collettivo musicale come punto di svolta nella storia del rock.
L'incredibile mole di materiale inedito ed alternativo registrato da Hendrix nella sua pur brevissima attività è da attribuirsi proprio a quel suo continuo fare, disfare, provare e riprovare alla ricerca del “bello” e “perfetto”………la musica.
E’ nella parte finale della scaletta, come si vede in dvd, ovvero con il bis di “Hey Joe”, in cui il pubblico che defluisce lento e stremato, abbandonando la fattoria sulla quale si era tenuta la manifestazione, sembra rinsavire da quell’esperienza e da quel viaggio (NdR:con la speranza che non abbiano assunto troppa LSD), così stranamente Woodstock e l’esibizione di Hendrix, riacquisiscono quella realtà per 3 giorni dimenticata, il senso della normalità, del quotidiano, il tutto reso così reale attraverso l’uso della telecamera con scene inframezzate e immagini instabili.
Nessuna madre ha mai amato quel bambino che imbracciò per la prima volta una chitarra a soli 9 anni, nessun padre lo ha mai accompagnato a scuola, nessun fratello ha mai giocato con lui, semplicemente perché Jimi Hendrix non è mai nato, non è mai morto, non è mai esistito, è stato un bagliore nelle nostre coscienze, è stata quella costante, come in una “successione fibonacciana”, nell’infinito spazio temporale per ridare ordine alle cose nella sua follia, nel suo genio….e nella sua perfezione, anche per un attimo.
Citando le splendide parole di un’altra recensione esterna a Debaser: “……Non lo capirono i musicisti che lo accompagnarono, non lo capì il pubblico, né i presenti né gli assenti. Il concerto di Woodstock, proprio perché non la migliore esibizione di Jimi Hendrix, ci porta perciò oggi più che mai a pensare che quell’uomo più volte nei decenni indicato come alieno per mancanza d’altro aggettivo, alieno lo era davvero…...”
Nessun glamour, nessun isterismo è solo Jimi Hendrix.-
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