I Jimmy Eat World sono tornati. A qualcuno erano mancati, ad altri per niente, ma io la recensione la scrivo lo stesso perché loro, che lo si voglia o meno, hanno il merito di averi portato il genere emo in posizioni piuttosto alte nelle classifiche americane e non solo. Il punto è che, dopo quel successo commerciale che era stato Bleed American, la band è andata calando, e non poco, onestamente non so in quanti abbiano continuato a seguirli negli ultimi anni, penso decisamente pochi, perché a parte qualche canzone qua e là, gli album erano davvero bruttini e dispiaceva anche un po'. Ma il 2016 ha portato con sé un revival degli anni novanta di cui molti avrebbero fatto volentieri a meno, e tra tutte le band che si sono presentate, c'erano anche i Jimmy Eat World con Integrity Blues. Un disco che si allontana da quell'emo che ha caratterizzato la loro intera carriera, quando influenzato dal punk (soprattutto agli inizi), quando dal pop (nel periodo del successo) ma pur sempre emo. Ora il gruppo ha deciso di esplorare, o quantomeno di avvicinarsi notevolmente all'indie rock, e la cosa, una volta ascoltata, non dispiace neanche tanto. Il disco affascina, rapisce, crea belle atmosfere, fa muovere la testa nonostante le dolci melodie. I singoli funzionano bene, di fatto, se non mi fossero piaciuti da subito non avrei neanche ascoltato quest'album. Il tutto però sembra avere un limite, pur essendo usciti dal fosso che si stavano scavando da soli, di strada da fare ce n'è ancora, sembra quasi che sia un nuovo esordio, e per una band con vent'anni di carriera alla spalle suona anche piuttosto male, ma ciò che penso io è che i Jimmy Eat World, continuando di questo passo, hanno, o meglio, avranno una seconda possibilità, e la vita non ne concede tante. Sarà da vedere se a quarant'anni suonati riusciranno a tenere botta e sfruttarla questa chance.
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