Io sono cresciuto in un'epoca senza internet né telefoni cellulari. Il mio mondo ormai è bello che andato. Per me lo shopping era la cosa che più contava. Vai nel negozio di dischi, prendi il tram, vai in centro, sfogli tutti i fumetti al mercatino dell'usato. Sono cresciuto in un periodo in cui si tramandava la cultura attraverso le cose materiali, allora potevamo circondarci di oggetti, potevamo prenderli, tenerli in mano, confrontarli. Un po' come i libri. Quello che ho è quello per cui ho speso la mia vita. Per accumulare tutte queste esperienze, che si tratti di fumetti o libri. E ho continuato a collezionare anche quando questo non mi dava più le emozioni forti che mi dava nei miei primi vent'anni. E comunque ho continuato. E ora tutto quello che ho non è altro che un mucchio di esperienze e ricordi del tutto idioti, cose senza alcuna importanza. Irrilevanti.

Che cosa racconteremo, ai figli che non avremo...

La persona peggiore del mondo di Joachim Trier, tra i candidati all'Oscar come miglior film straniero.

Diventare adulti tra il 2010 e il 2020

Per quanto l'etichetta "generazionale" sia spesso abusata e fuori luogo, se c'è un film recente che merita tale definizione, è assolutamente questo.

Penso che l'ultimo film del regista danese metta su schermo in modo veramente perfetto il trentenne di oggi, all'interno del mondo contemporaneo e (post)moderno.

La vacuità di una generazione di mezzo: i millennials

L'indeterminatezza, il narcisismo, le inquietudini rispetto alla contemporaneità; l'instabilità relazionale ed affettiva, l'eterna insoddisfazione.

L'angoscia nel vivere la propria vita da spettatore, la vacuità (frutto di una stessa postmodernità vacua, fluida e prossima all'intangibilità di cui sopra); una voglia di leggerezza ed un disagio nell'affrontare l'età adulta. Talvolta esternato con riferimenti ad icone dell'infanzia.

Una certa reticenza nell'affrontare le difficoltà con conseguente fuga dai rapporti.

L'indecisione e la perenne non realizzazione professionale, l'attitudine alla procrastinazione. In definitiva: una sostanziale incapacità di stare al mondo.

Ritratto di un'epoca

Il film passa in rassegna sprazzi della vita in quest'epoca, compresi riferimenti al metoo, ai cambiamenti climatici (con annesso cenno a i tipici sensi di colpa dell'occidentale medio) e all'ossessione per il politicamente corretto (nei paesi del Nord ancora più accentuato, se possibile). Fino alle mascherine nell'epilogo.

In alcune dinamiche, mi ha ricordato qualcosa del cinema indie di Baumbach, e difatti un personaggio almeno parzialmente accostabile a quello della protagonista potrebbe essere la Frances Ha di Greta Gerwig.

La persona peggiore del mondo completa la Trilogia di Oslo del regista (dopo Reprise e Oslo, 31. august), e dopo il a sua volta notevole Thelma, ritengo questo film un altro piccolo gioiello. E Trier un autore assolutamente interessante. Capace anche di cambiare registro e genere, rimanendo tuttavia interessato allo scavo psicologico e sociale nella Oslo di oggi e facendo, appunto, riferimento all'età della formazione.

Consigliatissimo.

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