Da Chicago, i Joan Of Arc di Tim Kinsella meritano di essere ricordati per gli ottimi lavori che ci hanno regalato attraverso l'intero decennio passato, dei quali "How Memory Works" è, se non l'apice, comunque tra i migliori, costantemente in bilico tra sonorità indie punk rock e atmosfere più dilatate, veri e propri morbidi ricami postrockkiani.
Tutte e undici le tracce dell'album abbondano di arpeggi riverberanti che non si capisce dove inizino e dove finiscano, ritmi fratturati e fruscii in sottofondo come provocati da solchi sul cd e da salti più o meno frequenti; indimenticabile la voce, che se vuole sa stonare alla perfezione, a volte in accattivante contrasto con melodie trasognanti e intimamente acustiche ai confini del folk ("To've Had Two Of"), altre che si combina alla perfezione con ritmi più punk (il capolavoro "This Life Cumulative", "God Bless America").
Cinguettii di uccellini robotici del 2199, xilofoni che si avvolgono su se stessi ("Honestly Now"), pulsazioni elettroniche volontariamente mal celate che si sposano alla perfezione con chitarre nè troppo pulite nè troppo distorte: ecco i tratti salienti di questi acquerelli sognanti che sembrano provenire da un lontano futuro, ma che in realtà sono un punto fermo di quello che è stato l'Indie Rock a stelle e strisce degli anni '90, implosione e esplosione, legame con la tradizione e sperimentazione totale, ma sempre, rigorosamente, do it yourself.
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