Kate Winslate, una delle tante dee di Hollywood, è più che un'ottima ragione per pensare bene di The Dressmaker, un film evento di questo 2016 che si rivela ricco di sorprese e spunti interessanti.
Si spengono le luci in sala e, nel giro di pochi secondi, primo piano della Winslet:
I'm back, bastards.
E il film inizia nel migliore dei modi, lo spettatore è istigato a calarsi nel film, subito viene indotto a porsi delle domande: perchè è tornata? Dove è stata? Perchè "bastardi"? Le risposte a queste domande vengono snocciolate nel corso del film, che potrebbe definirsi sia commedia, sia drammatico. Nel corso della sua durata, circa 110 minuti, è capace di far tanto ridere quanto commuovere. La pellicola racconta la storia di Tilly Dunnage, interpretata dalla dea Winslet, una bella e talentuosissima sarta che ha lavorato in molti degli atelier più prestigiosi (dice più di una volta di averl a Parigi, in Spagna e a Milano), tornata nel suo paese natale, Dungatar, in Australia, per cercare di ricordare cosa sia successo quando era ancora una bimba, perchè fosse stata allontanata dal paese, e qui deve assistere la madre Molly la Pazza (Judie Davis, il personaggio più comico del film, insieme a quello di Hugo Weaving). Tutta la cittadina odia sia lei che, di riflesso, la madre, perchè tutti credono che Tilly, da ragazzina, avesse ucciso il figlio del sindaco. Durante la sua permanenza, incontra nuovamente molti suoi ex amici (o dovrei dire "amici", dato che era maltrattata da quasi tutti) d'infanzia, tra cui Teddy (Liam Hemsworth), il quale si innamora di lei e la aiuta a scoprire la verità su quanto accaduto a quel bambino. Il resto della trama non ve lo dico: voglio che andiate a vedere questa pellicola perchè merita davvero tanto.
La forza di questo film, oltre a una messa in scena di pregevole fattura e ad un'interpretazione della Winslet e degli altri personaggi di qualità decisamente elevata, è la capacità di metaforizzare l'influenza che le malelingue possono avere sulla vita delle persone (la vita di Tilly è stata completamente stravolta per via delle dicerie che si sono diffuse nel piccolo paesino di Dungatar) e di come l'apparire abbia la priorità assoluta, in un'ipotetica scala di valori: infatti, quando i concittadini di Tilly, quelli che la odiavano per ciò che si diceva avesse fatto, quelli che l'hanno esiliata quando era ancora soltanto una bambina, sono disposti a perdonarla e a volerle addirittura bene, una volta venuti a conoscenza del suo enorme talento. Tilly sfrutta questo bisogno, che sta diventando sempre più primario, di apparire come si vorrebbe e non come si è per vendicarsi. Il narcisismo dei cittadini di Dungatar si rivolterà contro di loro, permettendo al personaggio della Winslet di scoprire la verità sul suo passato e di distruggere, nel finale, la vita a quelle persone che, in un passato ormai lontano, l'avevano distrutta a lei.
Ogni aspetto tecnico del film è decisamente ragguardevole: la regia di Jocelyn Moorhouse è elgante, raffinata ma mai pacchiana, pomposa o fine a sè stessa: l'occhio dello spettatore viene sempre saggiamente guidato grazie ai movimenti di macchina e all'organizzazione degli elementi di scena attraverso lo svolgersi della trama e verso i fantastici costumi ideati da Maryon Boyce; il montaggio fa il suo dovere, senza mai esasperare il ritmo dell'azione o rallentarlo; la fotografia, buona ma non eccelsa, riesce a mettere in risalto gli elementi fondamentali della scena. E per quanto riguarda le interpretazioni degli attori... beh, la divina Kate è un gradino sopra a tutti ma anche i suoi colleghi hanno saputo dare vita a dei personaggi eccentrici, sopra le righe ma mai fastidiosi.
Per concludere, The Dressmaker - Il diavolo è tornato è un film da non perdere: poco meno di due ore che passano rapidamente tra risate e, per i più sensibili, qualche lacrimuccia. L'ennesima perla che il cinema australiano ha saputo regalare al mondo.
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